Giacomo Leopardi a Napoli
Ottenuto un assegno mensile dalla famiglia, nel settembre del 1833 Giacomo Leopardi seguì Antonio Ranieri a Napoli e godette di qualche periodo di serenità, curato dalla sorella dell'amico, Paolina, tanto che poté riprendere il lavoro, spesso interrotto dalle crisi d'asma. Terminò così i 'Paralipomeni della Betracomiomachia', l'opera con la quale satireggia la vita del nuovo secolo, <<secol superbo e sciocco>>; scrisse la 'Palinodia al marchese Gino Capponio' (1834-35), con la quale finge di ritrattare i suoi principi pessimistici; ripubblicò i 'Canti' con aggiunte e correzioni (1836), e nello stesso anno compose 'La ginestra'.
Per salvaguardarsi dall'epidemia di colera scoppiata a Napoli, nell'aprile del 1836 Leopardi e Ranieri si rifugiarono in una piccola villa sulle pendici del Vesuvio, tra Torre del Greco e Torre Anunziata. Durante uno dei ritorni in città, Giacomo fu assalito da un'altra crisi d'asma e morì quasi all'improvviso la mattina del 14 giugno 1837. Ranieri lo fece tumulare clandestinamente nella piccola chiesa di San Vitale per eludere le rigorose leggi igieniche che imponevano la fossa comune; Pietro Giordani dettò l'epigrafe. Nel 1938 la salma fu traslata nel Parco Virgiliano, a Posillipo, accanto alla tomba di Virgilio.
Leopardi è col Foscolo il poeta italiano che ha maggiormente stimolato l'interesse degli uomini di cultura, e la varietà di giudizi è appunto un indice della straordinaria complessità del personaggio. E' stato scoperto dapprima il Leopardi filologo-erudito, poi il filosofo, il precursore degli “ermetici”, il progressista: di particolare interesse, di quest'ultimo aspetto alcuni studi di Sebastiano Timpanaro, il quale dimostrò come il progressismo scientifico di Leopardi, risolvendosi in una lotta per liberare l'uomo dal pregiudizio, sia intimamente connesso con il progressismo politico-sociale.
A questa evoluzione di giudizi contribuì la pubblicazione postuma di alcuni scritti leopardiani che, pur non possedendo un valore artistico e speculativo autonomo, costituiscono un documento essenziale per ricostruire la storia della sua attività di poeta e di prosatore; i 'Cento undici pensieri' (postumo, 1845), 'L'epistolario', che fu pubblicato in parte da Prospero Viani nel 1849, e infine lo 'Zibaldone' -cioé l'insieme degli appunti fissati dal poeta tra il 1817 e il 1832- pubblicato fra il 1898 e il 1900 da una commissione presieduta dal Carducci che l'intitolò 'Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura' (7 vol.).