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Agnone: la Pontificia Fonderia di campane Marinelli

Scritto da Luca Murolo Il . Inserito in Port'Alba

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L’antico borgo di Agnone, un tempo popolosa cittadina monastica, sorge nell’alto Molise, quasi al confine con l’Abruzzo. Passeggiando per il centro storico, si respira aria di medio-evo; numerose sono le chiese monumentali ed i palazzi nobiliari, l’opulenza di un tempo è ricordata dalle ornie in pietra o in marmo, che circondano portali maestosi e semplici portoncini di magioni più modeste, ma dalla storia antica.

 

Oltre alla chiesa di Sant’Antonio abate con il suo massiccio campanile, la chiesa di San Francesco, con l’attiguo palazzo, oggi sede della Biblioteca Comunale-La Banca, ricordiamo su tutte la magnifica chiesa di Sant’Emidio, gioiello di arte barocca, con il suo portale in stile gotico. Adiacente sorge la biblioteca Emidiana, ricca di testi risalenti al XI secolo. Ma non è la costruzione originale della chiesa, che fu distrutta da un terribile terremoto nell’anno 1096, con gran parte del paese, che fu raso al suolo. A quei tempi, tutta la zona, dall’alto Molise al basso Abruzzo, era sotto il dominio della potente famiglia Borrello, conti di Pietrabbondante e capitani di ventura della Repubblica di Venezia, che portarono qui numerose maestranze veneziane, e così diedero la stura a quello che è il fiore all’occhiello del paese: la Pontificia Fonderia di campane Marinelli.

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Annoverata tra le più antiche industrie d’Europa, forse la più antica azienda artigiana del mondo intero, deve le sue origini alla tradizione di fondere e forgiare i metalli radicata nella zona da ben 2500 anni. Il più antico reperto ritrovato è una tavola bronzea in lingua Osca, risalente al III secolo a. C., denominata “Tabula Anglonensis”, e conservata al British Museum di Londra. Con l’intervento degli operai specializzati veneziani, unitamente all’antica tradizione locale, nacque la Fonderia. È storia che un “campanarus anglonensis”, nato verso la metà del XIII secolo, cominciò a firmare campane molto raffinate con il nome di Nicodemus Marinelli. La complessa arte di fondere il bronzo per la realizzazione di campane, è rimasta immutata nei secoli, ed in quella che è oggi la Fonderia Marinelli, spostata negli anni ’50 dalla sua posizione originaria nel centro storico di Agnone, in seguito ad un devastante incendio, si può seguire in una visita guidata.

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Anfitrione e guida, nel nostro tour all’interno della storica fonderia, è lo stesso capo-mastro, in forza all’azienda da 40 anni. Ci spiega subito che il procedimento, rimasto immutato nei secoli, come abbiamo già detto, è complesso, e dura non meno di tre mesi. Si parte da un elaborato modello composto da “anima”, “falsa campana” e “mantello”. L’anima è una costruzione in mattoni ricoperta d’argilla, poggiata su di una sagoma in legno, su di questa si applicano iscrizioni, dediche, immagini e fregi, in cera, che costituiscono la falsa campana. Sul tutto si pongono ulteriori strati di argilla, di differente consistenza, a formare il mantello.

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La forma, a questo punto, si cuoce e la cera cola e si disperde, sciogliendosi al calore, e questa, si chiama appunto, tecnica della “cera persa”. Si solleva il Mantello, si distrugge la Falsa Campana, e lo si ricolloca sull’anima. Il tutto viene interrato nel fosso di colata, dove avviene la fusione, con un particolare bronzo, composto per il 78% di rame, ed il resto di stagno, e la temperatura viene portata a 1200 gradi. È questa la fase più delicata, una piccola imperfezione, porterebbe alla perdita della campana, del materiale e del lavoro fatto. Infine, c’è la prova suono, effettuata da veri esperti, e la campana è pronta. Una volta strumento musicale, oltre che richiamo di fedeli e cittadini, Mascagni compose un vero e proprio brano per campane, nella “Cavalleria Rusticana”.