PARLIAMO DI ENDOMETRIOSI: 1 SU 10
L’endometriosi è una malattia invisibile che colpisce 1 donna su 10 e che troppo spesso viene diagnosticata con estremo ritardo provocando danni invalidanti. Se ne parlerà il primo aprile a Procida nella sala consiliare. Per capirne di più abbiamo deciso di fare una chiacchierata con Tecla Meloni, curatrice del progetto.
Cos’è l’endometriosi?
L’Endometriosi è una malattia femminile, che affligge 1 donna su dieci: 3 milioni di donne in Italia e 176 milioni di donne nel mondo ed è determinata dall’accumulo anomalo di cellule endometriali (il tessuto che riveste l’utero) al di fuori dall’utero e quindi della sua sede. L’endometriosi può colpire l’intestino, il fegato, la vescica, il legamento uterosacrale, il retto, in alcuni casi arrivare ai polmoni. Si creano delle vere e proprie aderenze che “attaccano” gli organi interni creando una specie di “colla”: parliamo di un tessuto molto denso tale da portare a definire le cisti ovariche come “cisti cioccolato”. Tale disfunzione determina nel corpo un’infiammazione cronica dannosa per l’apparato femminile.
I principali sintomi dell’endometriosi sono caratterizzati da:
- dolorimoltointensiduranteilperiodomestrualeepremestruale(dismenorrea) e nel periodo dell’ovulazione;
- insieme a dolori pelvicicronici;
- doloredurante i rapportisessuali;
- stanchezzafisicacronica;
- depressione;
- difficoltà nella deambulazione nei casi in cui vengonointaccati i nervi.
Tutti questi sintomi possono essere gravemente invalidanti e rendere quasi impossibile in regolare svolgimento delle attività quotidiane; solo in una piccola percentuale di casi può essere asintomatica.
Il Ministero della Salute ha inserito l'endometriosi nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti (c.d. LEA), negli stadi clinici più avanzati (“moderato o III grado” e “grave o IV grado"), tuttavia sappiamo che essere in uno stadio meno avanzato non significa avere una sintomatologia dolorosa meno importante. Manca, dunque, ancora oggi, un’assistenza sanitaria che consenta alle pazienti negli stadi meno avanzati della malattia di poter sostenere i costi decisamente ingenti delle cure cercando di impedire per quanto possibile l’avanzare dei sintomi.
L’endometriosi da sola non comporta necessariamente sterilità; nonostante ciò, è presente nel 30% delle pazienti affette dalla malattia. Sono ancora in corso studi in merito alla relazione tra endometriosi e sterilità.
È possibile curarla?
Non esiste una cura per l’endometriosi. La terapia oggi riconosciuta come più immediata ed efficace è l’asportazione tramite intervento chirurgico dell’endometrio in laparoscopia.
Nel corso del tempo si è tentato, tuttavia, di limitare l’intervento chirurgico, che spesso intacca la riserva ovarica della paziente utilizzando la terapia tramite progestinici che però hanno diversi effetti collaterali, se assunti per lungo tempo (troppo spesso a mio avviso sottovalutati dagli stessi medici che prescrivono queste terapie ormonali considerate “leggere”, gli farei provare gli sbalzi ormonali provocati dalle pillole tanto per cominciare).
I progestinici, infatti, hanno un rapido effetto sulla riduzione dei dolori ma non migliorano lo stato della malattia, lo dimostra il fatto che, una volta interrotta l’assunzione, i sintomi tornano anche più forti di prima.
Non si conosce l’origine: La prima ipotesi circa l’origine della malattia è stata avanzata dalla Fondazione Italiana Endometriosi che nei suoi numerosi progetti di ricerca ha dimostrato, attraverso uno studio condotto su feti umani, che le cellule dell’endometrio si ritrovano già fuori posto nell’analisi del feto, ciò porta ad affermare che l’origine della malattia sia congenita.
Come mai hai deciso di voler parlare di questa malattia?
Ho deciso di PARLARE DI ENDOMETRIOSI perché credo che, nonostante l’informazione sia molto più diffusa rispetto a 10 anni fa abbiamo un dovere civico e morale nei confronti delle adolescenti che iniziano ad avere i primi sintomi ed alle quali non è più possibile rispondere “è normale avere i dolori del ciclo, tutte le donne li hanno, non essere drammatica, che sarà mai, poi fai un figlio e passa tutto”. Non possiamo offrire una cura a queste ragazze ma quanto meno, facendo la giusta informazione, possiamo portarle ad avere una diagnosi precoce evitando calvari strazianti ed evitando il più possibile i danni della malattia, sia fisici che psicologici.
Quanto tempo ci vuole, in media, per una diagnosi?
Ancora oggi la maggior parte dei ginecologi non è in grado di fare una diagnosi tempestiva, ciò provoca un ritardo diagnostico tra i 7 ed i 10 anni.
Scoprire la malattia in giovane età consente non solo di tenere a bada la malattia ma anche in qualche modo di avere il tempo di “accettarla”, impari in qualche modo a farci i conti, a conviverci. Quando invece dopo calvari lunghissimi la malattia viene scoperta a tra i 30 ed i 40 anni, quando si è alla ricerca di una gravidanza con la possibilità anche di scoprire l’impossibilità del concepimento, può essere devastante per una donna.
Ma cosa rappresenta l’endometriosi?
L’endometriosi come l’ha definita il presidente francese Macron “è una malattia sociale”, questa affermazione l’ho sentita fare prima di lui solo al prof. Pietro Signorile, presidente della Fondazione Italia Endometriosi. Una volta durante una riunione mi disse “parlare di endometriosi è un atto di civiltà”, ecco credo sia questa la ragione per cui ho deciso di parlarne.
L’endometriosi coinvolge tutti: la famiglia, la coppia, gli amici, i professori, i compagni di classe, i colleghi di lavoro. Non riuscire ad andare a scuola o a lavoro ed essere guardata con gli occhi giudicanti dei compagni e dei colleghi non è più tollerabile. Non dobbiamo commettere l’errore di pensare che sia lontana da noi. Chiunque abbia attorno a sé donne a cui tiene deve essere in grado di associare i sintomi per poter dare il consiglio giusto. Non bisogna fermarsi neanche difronte al ginecologo “di famiglia” che ci dice che “non è endometriosi”, bisogna cercare uno specialista che sappia dove e come guardare. I calvari solitamente iniziano proprio da qui con risvolti psicologici devastanti che portano le donne ad essere definite “malate immaginarie”.
Ho sentito un medico dire “le donne si lamentano”, questo è inaccettabile. Se avesse visto con i suoi occhi una donna spezzarsi dal dolore per l’arrivo di un normale ciclo mestruale o di un’ovulazione, se quella donna fosse stata sua moglie, sua sorella o sua figlia, probabilmente, si sarebbe espresso in una maniera differente.
A che punto è la ricerca scientifica?
La Fondazione Italiana Endometriosi, si occupa di questa malattia da più di vent’anni. Questa parola già solo 10 anni fa sembrava una strana parola a cui non veniva attribuito troppo peso. Nessuno capiva bene di cosa si stesse parlando.
Grazie alla Fondazione sono stati fatti passi da gigante, sono riusciti a dimostrare che la corretta alimentazione basata sul potenziamento dei cibi anti-infiammatori e la riduzione degli infiammatori può incidere in maniera significativa sulla riduzione dei sintomi. Se è vero che ancora non c’è una cura, è pur vero che ci hanno fornito un utile strumento per poter andare avanti con qualche arma da combattimento in più.
Parlaci dell’iniziativa, quali associazioni hanno aderito? Chi ci sarà? Qual è lo scopo?
L’iniziativa ha visto la luce lo scorso anno quando il progetto è stato selezionato nel cartellone “Marzo è donna” del Comune di Procida. Causa Covid ne abbiamo fatto un formato online che si è concretizzato in una maratona culturale a sostegno della ricerca scientifica cui hanno preso parte molti artisti.
Quest’anno ho provato a coinvolgere in maniera attiva, oltre all’associazione di cui sono presidente, BeQuiet, la Fondazione Italiana Endometriosi e l’Istituto Superiore F. Caracciolo- G. da Procida, mi sembrava una join-venture importante. Subito il riscontro è stato molto positivo sia da parte della dirigente scolastica Maria Saletta Longobardo che dei professori, sia da parte del prof. Signorile e della dott.ssa Marcattilj. Da parte della scuola mi è sembrata ci fosse quasi un’esigenza di affrontare il tema anche perché spesso i professori sono i primi a trovarsi inermi difronte ai sintomi di questa malattia che ogni mese costringe ad assenze reiterate da parte delle giovani donne. È importante che anche i professori siano in grado di indirizzare i genitori verso una possibile diagnosi.
Forte è stato anche l’interesse da parte del Forum dei Giovani di Procida, capitanato da Fabrizio Muro.
Credo che ripartire dai giovani sia oggi l’arma più potente che abbiamo, al di là delle ragazze che potrebbero avere una diagnosi precoce, educare i ragazzi alla comprensione significa formare i padri ed i mariti di domani affinché nessun uomo possa più pensare che le donne che soffrono di endometriosi siano delle “pazze che si lamentano troppo”.
Il 1 aprile il Comune di Procida ci ospiterà nella sala Consiliare, dobbiamo ringraziare il sindaco Dino Ambrosino di averci aperto la porta e il delegato alla Cultura Michele Assante del Leccese che per il secondo anno sostengono questa iniziativa.
L’incontro avrà il patrocinio del Comune di Procida e del Rotary Club Isola di Procida e si concretizzerà in una chiacchierata informale indirizzata principalmente ai ragazzi, riducendo all’osso gli schemi tipici dei convegni.
Quali saranno i prossimi step?
Probabilmente continueremo con gli incontri nelle scuole continuando a diffondere l’informazione e a sostenere la ricerca scientifica perché non dimentichiamo che se è vero che fare informazione è fondamentale, avere qualcuno che cerca una soluzione lo è altrettanto.