Campania segreta: Ercolano – prima parte
Per decenni trattata come la sorella minore di Pompei, con gli scavi degli ultimi trent’anni, ricopre nuovamente l’importanza che le compete. Nel 1965 l’ingresso agli “scavi”, perché ancora oggi di scavi si tratta, cioè “work in progress”, per dirla all’Inglese, si trovava su corso Resina stesso, la strada che attraversa la moderna Ercolano, proveniente dalla reggia di Portici.
La strada principale, sulla quale sorgono le meravigliose ville, che formano il cosiddetto “miglio d’oro”, costruite attorno alla Reggia voluta da Carlo di Borbone, in maniera così fitta, per essere il più vicino al Re, si disse, ma in realtà per la totale mancanza di un piano regolatore, che tuttora, percorrendola, per l’impossibilità oggettiva di abbattere simili bellezze, si è costretti ad attraversare il cortile della Reggia stessa. E da questa si scendeva in quello che è, e resta, un enorme buco nel terreno, fino a che, negli anni ’80 si riprendono energicamente gli scavi, e le sorprese si moltiplicano.
Si diceva, erroneamente, che fosse una città povera, al contrario della ricca ed opulenta Pompei, per cui le case erano di legno e bruciarono durante la terribile eruzione del 79 d.C..
In realtà, Ercolano fu la prima città ad essere ritrovata, tra le 4 (con Pompei, Stabia e Oplonti) sepolte dalla lava e dalle polveri piroclastiche vomitate dal Vesuvio, in quella che la storia ci tramanda come la sua più terribile eruzione. La scoperta avvenne per caso, come spesso succede, agli albori del XVIII secolo. Un contadino, scavando un pozzo, rinvenne dei pezzi di marmo pregiato, e li vendette per pochi spiccioli al segretario di un nobile, il principe d’Elboeuf, che ne capì l’importanza e acquistò i terreni circostanti, e vi costruì una villa ornandola con colonne e altri marmi, provenienti dal Teatro di Ercolano, il primo edificio ritrovato della città.
La lava si era solidificata, diventando roccia, che sì protesse la città, ma ne rese ardua l’opera di scavo e ricerca, che per anni si svolsero attraverso cunicoli mal illuminati e decisamente pericolosi per gli archeologi e gli operai. Nel 1738, durante i lavori della Reggia di Portici, si ebbe un nuovo entusiasmo per i ritrovamenti di Ercolano, e con il benestare di Re Carlo, ripresero gli scavi e numerose furono le statue e gli altri capolavori che finirono per ornare la stessa Reggia, ma fu soltanto nel 1760 che si ebbe una vera svolta nella riscoperta della città, quando lo Svizzero Karl Weber ebbe l’idea di proseguire l’opera con scavi a cielo aperto, immediatamente sostenuta dal Vanvitelli e Ferdinando Fuga, architetti di corte.
È di quel periodo il ritrovamento della Villa dei papiri, forse il più importante, se non altro per le testimonianze storiche che rivela. La scoperta di Pompei, un decennio dopo, distolse l’attenzione da Ercolano per lungo tempo, perché le modalità di ricerca erano decisamente più facili: bastava rimuovere cenere e lapilli, divenuti terriccio, e l’opulenta quanto ingombrante vicina cominciò a regalare strabilianti scoperte che ancora oggi meravigliano il mondo intero.
Una prima ondata di interesse si ha di nuovo sotto Francesco I di Borbone, per poi arrivare ai giorni nostri, come già detto prima, e attualmente “gli scavi” di Ercolano, perché così si continua a chiamarli, hanno preso tutta un’altra dimensione. Gli ingressi sono due, ma da entrambi si vede chiaramente che l’antica città si trova all’interno di questo grande buco che si continua ad esplorare, e la visione d’insieme è di gran fascino, e lascia intendere gli enormi sforzi che sono stati necessari per riportarla alla luce.
Il mare si è ritirato di circa duecento metri, e con l’immaginazione si vede la spiaggia, su cui affacciava l’antica Hercolanum, come ci mostrano le molte ricostruzioni virtuali. Dall’alto, nella zona dell’ingresso, da un lato il mare dove è oggi, e più in basso, dov’era 2000 anni fa.
La visita comincia scendendo, fino al livello dell’antica spiaggia, su cui si aprono alcuni magazzini, con gli scheletri delle persone ancora lì, sorprese dalla tragedia che li colse all’improvviso, come se il tempo si fosse fermato. Risalendo verso il piazzale di Marco Nonio Balbo, comincia la visita alle rovine, ed un meraviglioso viaggio nella storia.