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Villa Pignatelli ospita la prima personale a Napoli di Gianni Berengo Gardin

Scritto da Matteo Zapelli Il . Inserito in Mostre

Foto Articolo 4

Villa Pignatelli accoglie dal 6 aprile al 9 luglio 2023 la prima personale a Napoli di Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930). Si tratta della mostra dal titolo Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere, a cura di Margherita Guccione, Alessandra Mauro e Marta Ragozzino, promossa dalla Direzione regionale Musei Campania.

Nel nuovo allestimento a Villa Pignatelli - Casa della fotografia, l’esposizione già presentata al MAXXI di Roma nel 2022, si arricchisce di un nuovo nucleo di fotografie dedicate a Napoli e al territorio campano. Riunite oltre duecento fotografie tra immagini celebri, altre poco note o completamente inedite. Un racconto straordinario dedicato all’Italia, che riprende il titolo del celebre libro del 1970 curato da Cesare Colombo, L’occhio come mestiere, un’antologia di immagini del maestro che testimoniava l’importanza del suo sguardo, del suo metodo e della sua capacità fuori dal comune di narrare il suo tempo.

Maestro del bianco e nero, della fotografia di reportage e di indagine sociale, in quasi settant’anni di carriera Gianni Berengo Gardin ha raccontato con le sue immagini l’Italia dal dopoguerra a oggi, costruendo un patrimonio visivo unico caratterizzato da una grande coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” alla pratica fotografica.

Il percorso espositivo è introdotto da una sezione dedicata allo studio di Milano, per Berengo Gardin luogo di riflessione e di elaborazione, che appare come una sorta di camera delle meraviglie in cui emergono anche aspetti privati e meno noti della sua personalità. L’esposizione prosegue attraverso un percorso fluido e non cronologico che accompagna il visitatore in un viaggio nel mondo e nel modo di vedere del maestro, offrendo una riflessione sui caratteri peculiari della sua ricerca. Tra questi: la centralità dell’uomo e della sua collocazione nello spazio sociale; la natura concretamente ma anche poeticamente analogica della sua “vera fotografia” (formula con cui timbra le sue stampe autografe mai manipolate e che rimanda al lavoro del fotografo come “artigiano”); la potenza e la specificità del suo modo di costruire la sequenza narrativa, che non si limita a semplici descrizioni dello spazio ma costruisce naturalmente storie; l’adesione impegnata a una concezione della fotografia intesa come documento, eppure puntellata da dettagli spiazzanti e ironici. E, su tutto, la coerenza della sua visione.

Punto di partenza di questo viaggio visivo è Venezia, città d’elezione per Berengo Gardin che, pur non essendovi nato, si sente veneziano. Venezia è il luogo in cui si forma come fotografo, grazie all’incontro con circoli fotografici come La Gondola, ed è il luogo di un continuo ritorno, dalle prime straordinarie immagini degli anni Cinquanta in cui vediamo una città intima e quasi sussurrata, molto poetica, passando per la contestazione alla Biennale del 1968 fino al celebre progetto dedicato alle Grandi Navi del 2013.

Da Venezia alla Milano dell’industria, delle lotte operaie, degli intellettuali (in mostra, tra gli altri, i ritratti di Ettore Sotsass, Gio Ponti, Ugo Mulas, Dario Fo), per attraversare poi quasi tutte le regioni e le città italiane, dalla Sicilia alle risaie del vercellese, osservate nelle loro trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra a oggi. E poi i celebri reportage dai luoghi del lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e, soprattutto, Olivetti (con cui collabora per 15 anni), che lo aiutano a crearsi una coscienza sociale. Giungendo infine a Napoli e al territorio campano, da Capri a Pompei, è dedicato il nucleo di fotografie che arricchisce l’esposizione di Villa Pignatelli, un omaggio alla città partenopea nella prestigiosa sede che dal 2010, negli spazi della Casa della fotografia, dedica mostre internazionali a riconosciuti interpreti della fotografia contemporanea e manifestazioni su temi e linguaggi dell’arte fotografica. Attraverso l’occhio di Berengo Gardin, scorci del centro storico, dai vicoli ai monumenti e alle piazze della città, si alternano a vedute dei paesaggi campani più celebri, in un racconto personale e suggestivo che si svolge tra la fine degli anni Sessanta e Novanta.


Completa il percorso una sezione dedicata ai libri, destinazione principale e prediletta del suo lavoro, una sorta di libreria, rappresentativa delle oltre 250 pubblicazioni realizzate nel corso della sua lunga carriera, collaborando con autori quali Gabriele Basilico, Luciano D’Alessandro, Ferdinando Scianna, Renzo Piano. Attraverso la scansione di un QR code, è inoltre possibile visitare la mostra accompagnati dalla voce di Gianni Berengo Gardin che racconta in prima persona aneddoti e ricordi legati alla sua vita personale e professionale, nel podcast dedicato al fotografo e prodotto dal MAXXI.

La mostra è accompagnata dal libro L’occhio come mestiere, pubblicato da Contrasto in occasione della mostra al MAXXI di Roma. Il lavoro e l’archivio di Gianni Berengo Gardin sono rappresentati in esclusiva da Fondazione Forma per la Fotografia.