Il ritorno a Napoli di William Kentridge negli spazi della galleria Lia Rumma
La città poliedrica per eccellenza ospita l’artista più caleidoscopico in circolazione. Si può riassumere così il ritorno a Napoli di William Kentridge, il più noto artista sudafricano contemporaneo, negli spazi della galleria Lia Rumma (via Vannella Gaetani 12), con una personale che sarà possibile visitare fino a sabato 26 luglio 2014.
Se per molti artisti è possibile individuare un momento topico, la scintilla che segna l’inizio della propria attività artistica, rintracciare quel momento nell’esistenza di Kentridge (nato a Johannesburg, il 28 aprile 1955) è assai difficile. Scorrendo la sua biografia, appare come un uomo dalle molte, seppur legate, vite. Dopo una laurea in Scienze Politiche, decide di intraprendere lo studio delle arti, cominciando poco dopo a lavorare come disegnatore. Nel 1981, il salto dal Sud Africa alla vecchia Europa, con l’approdo a Parigi e lo studio del teatro all'École Internationale de Théâtre Jacques Lecoq. Inizia in questo periodo a lavorare come art director per serie televisive, acquisendo un bagaglio d’esperienze che lo porterà a realizzare i suoi lavori più noti, ossia film di animazione creati da disegni a carboncino. L’unione di una sensibilità attoriale e visiva, condita da una predisposizione alla letteratura, hanno fatto di lui un artista poliedrico, mai banale né tantomeno prevedibile, presente praticamente in ogni campo dell’arte, spaziando dal disegno alle incisioni, passando per le stampe, i collage, e la scultura. La consacrazione internazionale di questo talento multiforme arriva nel 1997, con la partecipazione alla X edizione di dOCUMENTA, una delle più importanti manifestazioni internazionali d’arte contemporanea europee, che si tiene con cadenza quinquennale nella città tedesca di Kassel. Con l’arrivo del successo, arrivano anche le grandi mostre negli USA, a San Diego nel 1998 e al MoMA di New York l’anno seguente, dove tornerà dieci anni dopo, nel 2009, con la mostra 5 Themes, che toccherà poi San Francisco, Parigi e Vienna. Il teatro, “l’altro” suo grande amore, lo vedrà dirigere al Met Opera di New York Il Naso di Shostakovich, e curare le scenografie de Il flauto magico, famosa opera di Mozart, che toccherà i maggiori teatri europei ed italiani, fra i quali la Fenice di Venezia, la Scala di Milano e il San Carlo di Napoli.
La mostra negli spazi della galleria Lia Rumma non arriva dunque inaspettata. Infatti, il rapporto fra Napoli e Kentridge si è rafforzato negli anni. Oltre alla citata presenza al San Carlo, nel 2009 Kentridge ha presentato al museo di Capodimonte la mostra Streets of the city, per la quale ha realizzato undici monumentali arazzi realizzati sulla base delle mappe di epoca borbonica del capoluogo partenopeo. La passione per la storia antica di Napoli è presente anche in un altro suo lavoro, davanti al quale probabilmente ci si è soffermati senza saperne l’origine. Infatti, due suoi mosaici abbelliscono l’androne della stazione della metropolitana Linea 1 di Toledo. I lavori, intitolati Ferrovia centrale per la città di Napoli e Bonifica dei quartieri bassi di Napoli in relazione alla ferrovia metropolitana riprendono, attraverso una galleria di personaggi tipici della napoletanità come San Gennaro, i disegni del progetto di ferrovia metropolitana elaborato nel 1883 dall’architetto italo-inglese Lamout Young.
Negli spazi della galleria Lia Rumma, Kentridge esporrà tre “flip book”. Sulle pagine di tre dizionari enciclopedici (l’Oxford Dictionary, il Technology Dictionary e il Britannica World Language) l’artista ha realizzato dei disegni utilizzando il suo caratteristico segno fuido, generoso ed espansivo dell’inchiostro indiano, ricavato dal nero carbone. Quel che colpisce è certamente la base utilizzata per questi disegni, ossia un supporto che non è una superfcie neutra, ma un palinsesto già scritto sul quale opera la sua rilettura personale del sapere contenuto nei tre dizionari. Il tutto, filmato in sequenza, consegna allo spettatore una delle più antiche forme di animazione, nei fatti, reinventata. Molti degli oggetti rappresentati sulle pagine (un megafono, una macchina da scrivere, una moka) trovano la loro trasposizione materiale in Rebus del 2013, un gruppo di 9 sculture in bronzo, allineate su un asse di legno come parole su un rigo, sempre a riprendere il concetto di libro. Tuttavia, se il rebus è l’esprimersi con le parole e “con le cose”, per Kentridge gli oggetti stessi non presentano un significato dato e immutabile, ma questo si trasforma al mutare della prospettiva da cui li si osserva, come a sottolineare l’ambiguità e l’incertezza della realtà. La poliedricità dell’opera di Kentridge, allora, ci svela come sia incerta la “grammatica del mondo”, ricordandoci che ambire ad una visione univoca e totale è solo un’illusione. Quale luogo migliore di Napoli, città dai mille contrasti e dalle tante sfaccettature, per portare questo messaggio, figlio anch’esso della poliedricità di una vita così ricca?
Per maggiori informazioni:
- Sito internet della Galleria Lia Rumma
- Pagina Wikipedia su William Kentridge
- Pagina dell’Enciclopedia Treccani su Anselm Kiefer