Nel Post-Primarie
Dopo l’evidente successo di Bersani alle primarie del centro sinistra ,le condizioni per una vittoria elettorale della coalizione ci sono tutte.
Certo è ancora necessario che si insista sul carattere innovatore, in senso decisamente riformista del futuro governo ma non posso credere che, forti dell’esperienza del passato, Bersani, Letta, Franceschini e compagni, si facciano sedurre dalle sirene stonate dei “vecchi turchi”.
Dice bene il segretario, QUANDO AFFERMA che oggi, per la prima volta alla competizione politica nazionale c’è il PD: Un partito che può aspirare ad un consenso di più del 30 % dell’elettorato e CHE è L’ASSE SU CUI potrà POGGIARE LA TENUTA POLITICA E PROGRAMMATICA DELLA COALIZIONE.
E non ci sarà neanche bisogno di un forte “centro” se il PD saprà interpretare il senso autentico della vocazione maggioritaria,per sé e per la coalizione di cui è garante. Insomma, se il risultato delle primarie riuscirà ad essere una felice sintesi tra le istanze del segretario e quelle di Renzi.
Bersani si trova nella paradossale positiva contingenza di una “eterogenesi de fini”: aver vinto il suo congresso di partito sulla strategia delle “alleanze” e ritrovarsi con legge elettorale e primarie che lo convincono a praticare la vocazione maggioritaria. Qualche volta i miracoli esistono!
La ridiscesa in campo di Berlusconi colloca il centrodestra su di una posizione radicalmente populista e anti-europeista. A maggior ragione il centrosinistra non ha alcuna oggettiva ragione per essere spinto verso un altrettale radicalismo di una sinistra conservatrice. Anzi può finalmente muoversi agevolmente verso una compita “rivoluzione” liberaldemocratica.
La partita delle prossime elezioni politiche si gioca nello scontro tra riformismo e populismo e non nella sterile opposizione dei conservatorismi di destra e di sinistra.
Nel Mezzogiorno poi, dove ha avuto un fortissimo consenso Bersani, ancor di più abbiamo da sostenere politiche di rigore e di sviluppo che segnino una discontinuità con le esperienze amministrative avute dalle nostre parti .Il Sud è una risorsa per il paese. Si. Ma lo è se cambia profondamente il suo rapporto con la politica e con le politiche.
E sta ad una nuova classe dirigente meridionale, giovane, riformista, seria, che non vuole “scassare” ,ma costruire, compiere questo ancor più urgente miracolo.