Il senso del cambiamento
Una leadership carismatica non è sufficiente per il governo del Paese se alla sua azione non è in grado di accompagnare una leadership culturale. L'approccio top-down (dall'alto verso il basso) che si è diffuso con la nascita degli Stati nazione oggi non basta più: serve anche l'intervento spontaneo dal basso (bottom up) di corpi autonomi che si organizzino per rispondere alle esigenze quotidiane di piccole e grandi comunità.
Anche le organizzazioni politiche, di conseguenza, devono cambiare: se fino agli anni '80 il partito verticista di massa si era rivelato funzionante, oggi la forma-partito deve mutare per adattarsi ad una società dinamica, iper-stressata e bombardata da stimoli e nuove informazioni.
Per questa ragione, i corpi intermedi devono cambiare radicalmente la loro organizzazione, creando reti decentralizzate che consentano di sfruttare pienamente le energie e le competenze dei membri.
Immagino, per esempio, gruppi di lavoro ad hoc di approfondimento e ricerca su politiche di vario tipo, in particolare a livello locale, sul modello della democrazia liquida; network nazionali e internazionali di persone che provano risolvere problematiche attraverso il crowd-sourcing (raccogliere risorse dalla folla): la stessa questione analizzata da punti di vista diversi, in maniera interdisciplinare e da lavoratori provenienti da campi differenti, può essere affrontata in maniera molto più efficace, profonda e incisiva; percorsi veri di formazione e percorsi cognitivi online, pensati, soprattutto, per amministratori e attivisti locali, affinché la qualità della classe dirigente venga diffusa e resa più omogenea a tutti i livelli.
L'uomo solo al comando non può rispondere adeguatamente alle sfide di una società complessa. Quanti supportano un leader, quanti condividono la sua visione, devono essere in grado di diventare virali la società, affinché le loro idee si realizzino anche nello steccato della quotidianità, poiché, per un cambiamento reale, è necessario un cambiamento culturale.
La cultura di un popolo, infatti, è molto influente sui risultati macro-economici della Nazione. Risollevare l’economia intervenendo soltanto sul sistema fiscale e sulla regolazione dei mercati, dimenticandosi delle conseguenze che la cultura ha sul comportamento individuale, è come pensare di tamponare con un grande cerotto la falla di una nave che sta affondando.
Come spesso avviene, molti si limitano a una partecipazione politica da tifosi, dove l’impegno consiste nel supporto indiscriminato a un idolo, a prescindere dal merito delle sue azioni. In questi casi, non guadagniamo alcun valore aggiunto, perché il contributo autonomo e critico del partecipante è nullo. Nella politica a cui penso, invece, tutti dovremmo far parte di una squadra: chi in campo, chi nello staff tecnico. Se vogliamo vincere davvero, quindi, non solo alle elezioni, bensì dimostrando che sappiamo governare il Paese meglio di chi ci ha preceduto, dovremo giocare con una squadra di centinaia di migliaia di persone, nella quale ognuno farà la sua parte in maniera consapevole, avrà un suo ruolo e sarà protagonista del suo tempo.
All'assemblea nazionale di Libertà Eguale, non a caso, il prof. Mario Rodriguez ci ha spiegato quanto è importante raccontare la storia di un Paese dove ognuno si possa sentire al suo posto, comprendendo l'importanza del proprio impegno e del contributo alla causa per cui lotta.
La cultura politica riformista, pragmatica e post-ideologica che noi stiamo promuovendo sarà lontana anni luce dalla sinistra dei piani quinquennali, dove le persone erano solo numeri e i dirigenti di partito erano cittadini più uguali degli altri.
La nostra idea di sinistra metterà sempre al centro beni comuni e servizi collettivi, ma con lo scopo di dare dignità e importanza alle persone, che, con il loro impegno quotidiano, contribuiscono al progresso del Paese. La cittadinanza attiva, infatti, sarà sempre più fondamentale, perché possiamo migliorare soltanto se il capitale umano del Paese sarà all’altezza delle sfide che dobbiamo affrontare.
Cittadini informati, attenti e critici, sono forse la più grande risorsa che uno Stato possa mai avere: per questa ragione, i partiti dovrebbero tornare a concentrarsi sulla qualità della loro classe dirigente e non solo sul mero raggiungimento di un mezzo conosciuto anche col nome di “Potere”.
Non credo che esista ancora strumento più potente della mente umana. Una politica che si dimentica questo assioma non può pensare di guidare un popolo attraverso epoche, che - in questo periodo storico - continuano a succedersi a una velocità impressionante.
L’eguaglianza, senza la libertà, è una parola vuota, insipida, pericolosa, per certi versi. La libertà, purtroppo, non può essere garantita nella sostanza neanche dagli articoli di una Costituzione: per diventare liberi, gli uomini devono compiere un percorso tortuoso attraverso la conoscenza di sé, degli altri e della storia. Devono incontrare guide che indichino loro come non smarrirsi nell’oceano di informazioni e nozioni in cui navigano. Devono capire che le loro azioni hanno sempre conseguenze sugli altri e, quindi, che hanno importanti responsabilità verso la società.
Non possiamo pensare di essere eguali se non ci assumiamo le nostre responsabilità nei confronti degli altri, perché non esiste eguaglianza senza libertà e non esiste libertà senza responsabilità. Ricordiamoci, dunque, che il cambiamento dipende dal risultato delle nostre azioni aggregate: in base al merito e alla qualità delle nostre azioni, poi, lo potremo chiamare miglioramento o peggioramento, e ne saremo responsabili.