L’Assemblea Nazionale del Partito Democratico, seppure in un’aria stanca e demotivata, ha messo un punto importante nella fase più difficile della storia del partito, eleggendo Guglielmo Epifani nuovo Segretario Nazionale, dopo le dimissioni di Bersani.
Si è trattato di una scelta largamente condivisa tra i delegati presenti all’Assemblea, sulla base di una comune valutazione politica che Epifani saprà essere una figura di garanzia per tutti i democratici fino alla convocazione del prossimo Congresso nazionale. Da qui, diffusamente, se ne parla come un “traghettatore”, perché poi ad ottobre le primarie ( si spera aperte) dovranno scegliere il nuovo Segretario.
Ma forse sono almeno due gli aspetti problematici più interessanti che, in questo momento, vale la pena sottolineare.
Il primo riguarda le modalità con cui si è arrivati a scegliere questo percorso attuale di direzione politica per il PD. Chi ha visto o letto di riunioni continue di cabinetti, cabine di regia, o luoghi ristretti può facilmente intuire che è in atto una scomposizione reale della larga maggioranza che ha retto Bersani fino al 24 febbraio, in seguito ad una confusa linea politica che ha portato il partito a sbattere sia nel passaggio per l’elezione del Presidente della Repubblica (salvo poi la generosità della scelta di Napolitano), sia per la formazione del nuovo Governo.