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Putin, continua imperterrita la guerra del grano

Scritto da Mario Marrandino Il . Inserito in Napoli IN & OUT

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A seguito del diniego russo a rinnovare i patti del Mar Nero per permettere il trasporto di merci alimentari quali cereali e in particolare grano, è guerra aperta sul campo degli scambi commerciali.

L’unica via di transito utile resta la terra che non garantisce una idonea esportazione a quei paesi al di là del Mar Nero che con le imbarcazioni, invece, potevano godere di un celere approvvigionamento alimentare (e non solo).

La decisione di interrompere i flussi va ad inficiare non solo l’economia ucraina e in buona parte quella est europea, ma soprattutto diversi paesi dell’Africa e dell’Asia, che in buona parte venivano sfamati dai prodotti ucraini; si stima che tra i paesi più danneggiati vi sia il Bangladesh, che necessita si risorse per circa 189 milioni di persone, ma non è la sola e unica realtà in estrema difficoltà.

Durante il Vertice sui sistemi alimentari dell’Onu a Roma, si è evidenziato come cereali, oli e frumento ucraino sia venduto in particolare in quei paesi a basso reddito che ora, inevitabilmente, rischiano la carestia a causa dello stop al passaggio delle navi attraverso il Mar Nero. Oltre al già citato Bangladesh, altre realtà fortemente dipendenti dai prodotti agricoli ucraini sono l’Egitto, l’Indonesia, l’Etiopia, la Tunisia, il Kenya, lo Yemen: in tutte queste realtà, il 60% del reddito della popolazione viene speso nell’alimentazione e a causa dei risvolti del conflitto costi, tempi e quantità potrebbero cambiare vistosamente.

La stampa internazionale identifica questo fenomeno economico, ricalcando l’appellativo dato dal governo di Kyiv, derivante dalla guerra come “terrorismo alimentare”. La Russia, con le sue scelte diplomatiche, insiste sui prezzi delle materie prime alimentari e ne rende ancor più complessa la gestione con strategie belliche mirate: il Guardian specifica che il 24 luglio, dei droni russi hanno lanciato un attacco contro degli stabilimenti di stoccaggio contenenti cereali, disposti lungo il versante ucraino del Danubio, a Reni e Izmail, a pochi chilometri dal confine romeno. I droni utilizzati sono stati forniti dall’Iran e sei persone sono rimaste ferite.