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Perché uno sciopero generale. Le ragioni della mobilitazione di Cgil e Uil

Scritto da Raffaele Paudice (Segretario Cgil Napoli Campania) Il . Inserito in Il Palazzo

copia di sciopero generale cgil uil

C'è una parte di opinione pubblica, tra cui autorevoli firme del giornalismo italiano e intellettuali che non mancano di dire la loro nei salotti televisivi, che ritiene lo sciopero uno strumento superfluo e anacronistico, alla stregua di una macchina per scrivere o di un floppy disc. L'accusa che viene rivolta ai sindacati oscilla tra la banalizzazione - “vogliono fare il ponte del fine settimana”- e la drammatizzazione, evocando lo scenario dell'invasione di campo - “è uno sciopero politico”.

Tralasciando la prima accusa, fatta evidentemente da chi ignora che quando un lavoratore decide di scioperare sacrifica una parte dello stipendio non trascurabile, superiore anche ai cento euro, mentre si plaudono governi che riducono le tasse sul lavoro per importi anche inferiori, alla seconda accusa si potrebbe rispondere chiedendo se uno sciopero generale non sia sempre un atto politico.

Abbiamo scelto questa strada, dello sciopero generale, che a Napoli terremo il 1 dicembre con la presenza di Maurizio Landini, proprio perché contestiamo radicalmente le politiche che sta mettendo in campo questo governo, non diversamente dalle politiche fatte anche da altri governi, il cui frutto è stato la svalutazione del lavoro, una sanità allo stremo e un carico fiscale tutto sulle spalle dei lavoratori dipendenti.

Un processo di destrutturazione dello stato sociale, a spese di lavoratori e pensionati.

Ma il governo Meloni compie un salto di qualità, non solo per le scelte che affossano ulteriormente la sanità pubblica, che prendono in giro i lavoratori rivendendogli due volte un taglio del cuneo fiscale che non è strutturale ma che rappresenta solo una pallida risposta alla perdita del potere d'acquisto dei salari e facendo per l'ennesima volta cassa sui pensionati, dopo aver sostenuto per anni la farsa della destra che lottava contro la legge Fornero, ma che una volta al governo peggiora anche le condizioni dei giovani cui sostanzialmente viene negato il diritto ad una futura pensione.

Queste scelte di politica economica, che strizzano l'occhio a quel popolo che le tasse non le ha mai pagate e a chi vuole mettere le mani sullo Stato sociali per il suo profitto, si devono leggere alla luce di qualcosa di più grande, alla luce del disegno di modifica della Costituzione e degli assetti istituzionali.

Sullo sfondo di questa manovra economica oggi pesano i due disegni di legge del premierato e dell'autonomia differenziata.

Il primo per stravolgere la Repubblica parlamentare prevista dalla nostra Costituzione, figlia della lotta di liberazione dal fascismo, creando un mostro istituzionale che non ha eguali nelle democrazie occidentali, con un primo ministro eletto e senza controlli e un capo dello Stato nominato che funge da notaio dell'esecutivo; il secondo per cristallizzare le differenze tra Nord e Sud, disgregare lo Stato unitario, frammentando le competenze e le risorse e creando una Repubblica di piccole staterelli autonomi, quelli ricchi del nord con l'illusione di essere più competitivi senza il fardello delle regioni del Sud. L'autonomia differenziata è un disegno che colpisce direttamente i diritti dei cittadini, privandoli delle risorse per la sanità, la scuola, i trasporti, impoverendo ogni pezzo del pubblico, non ultimi i beni culturali.

Non stupisce che il governo tenti in tutti i modi di evitare il confronto con le parti sociali, ridotti in sede istituzionale a una sorta di mini conferenza stampa con decine di sigle sindacali e datoriali. Stupisce invece il tentativo rozzo di mettere a tacere la voce del sindacato in modo così plateale, prevaricando perfino la Commissione di Garanzia sugli Scioperi, che pure interviene con modalità dubbie rinunciando alla sua funzione terza, con un Ministro che invece di dare risposte ai cittadini e agli utenti del trasporto, attacca personalmente chi ritiene suo nemico senza mai entrare nel merito delle questioni che i sindacati gli pongono.

Saremo costretti a scendere in piazza quindi anche per difendere il diritto a scioperare, che lo ricordiamo, è un diritto sancito dalla stessa Costuzione che questo govewrno tenta di stravolgere.

Sarebbe bello che anziché continuare a dispensare saggi quanto inutili consigli di buonsenso a costo zero, quegli opinionisti che spendono il loro tempo a pontificare sugli eccessi dei lavoratori e delle lavoratrici, pronti a puntare il dito contro ogni rivendicazione salariale e contro ogni distorsione del sistema pubblico, per una volta raccontassero anche che paese diseguale è doventato il nostro, quanta fatica costa ad ogni cittadino sopravvivere col proprio stipendio o la propria pensione, magari aderendo anche loro al nostro sciopero.

 

Raffaele Paudice è segretario della Cgil Napoli Campania con delega a Politiche Energetiche, Rifiuti, Ciclo integrato delle Acque, Politiche dei Trasporti e delle Reti|, Politiche Industriali e Digitalizzazione, Politiche dell’Artigianato, PMI, Bilateralità, Fondi Interprofessionali, Contrattazione e Mercato del Lavoro, Formazione Professionale, Partecipate Comune di Napoli, Area Metropolitana e Regionale e Appalti