Città di mare con abitanti (sfiniti)

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Franco Mariniello

Città di mare con abitanti (sfiniti)      

Uno spettro si aggira per l’Europa: è lo spettro dell’overtourism (o dell’iper-turismo). Che cosa è?
Una sorta di flusso inarrestabile come uno tsunami, una invasione delle città, in particolare delle città d’arte, quelle più ricche di una identità specifica e fortemente attrattiva per flussi di visitatori aggressivamente condizionati dalla comunicazione pervasiva di immagini urbane, dove sempre più il folclore viene spacciato per una autenticità facilmente conquistabile con le pratiche del turismo esperienziale. Queste pratiche vengono oggi vendute dal marketing globale delle immagini di città, attraverso i tour-operators, ove tutto viene economicamente miscelato in una offerta da consumarsi il più rapidamente possibile, con l’imperativo di tenere i prezzi dei pacchetti competitivi sul mercato del turismo globale.
Ormai anche visite (visioni) di opere di architettura e di arte contemporanea site-specific fanno parte dei pacchetti. Architettura e urbanistica sembrano assecondare un generale processo di svalorizzazione della forza narrativa dei luoghi nelle storie di una località.
Il progetto urbano e architettonico deve riconquistare quella energia già capace di scaturire dalla forza espressiva dei luoghi, rianimandola. Con questi luoghi, tuttavia, il progetto sempre più di rado appare capace di confrontarsi. Ne sono testimonianza, a Napoli, quasi tutti i progetti e le realizzazioni delle opere affidate ad autori di grido dello star-system globale.
Quella forza espressiva dei luoghi non può certo risorgere dalla “Città Generica” (cosa che Napoli non è) per anni cinicamente vagheggiata e propagandata da R. Koolhaas. La Città Generica è un asettico scenario, spogliato di ogni utopia, prodotto nel laboratorio mentale di “un anarchico di destra” (così Gregotti definiva l’architetto olandese nel Corriere della Sera del 5 agosto 2008). É un concetto utilizzato per poter giustificare la produzione e il consumo ossessivo di geniali deliri architettonici che non inquietano ormai più nessuno, mentre semmai riaccendono negli abitanti la necessità di una ri-considerazione pubblica e civile della qualità specifica di una città che non si intende più abbandonare alla mera competizione tecno-speculativa dell’economia immobiliare (o immobiliarismo) globale. Non si intende, cioè, più subire uno spazio infestato da oggetti affastellati e inessenziali, spazzato, “ripulito” (de-privato) dalle radici pubbliche costitutive delle differenti individualità urbane. Nozione di incerta sostenibilità teorica, la “città generica” si rivela così un’autentica mistificazione ideologica che ha una parte di responsabilità nella predisposizione del mondo agli ultimi disastri provocati dal disincantato immobiliarismo del capitalismo globale.
Come agisce, infatti, l’iper-turismo nelle dinamiche economiche urbane? In tutte le città travolte da tale fenomeno di massa è clamoroso l’incremento del mercato delle residenze temporanee: sulle piattaforme dedicate esplode la domanda di alloggio economico nei cosiddetti B&B, molti abusivi e privi degli standard prestazionali imposti dalle norme, e a Napoli a prezzi stracciati. Si verifica di fatto un trasferimento – ormai fuori controllo – dei beni abitativi (cioè case) al mercato degli affitti brevi per l’iper-turismo di massa che provoca distorsioni nei valori d’uso e di scambio, aggravando il già pesante fabbisogno abitativo (quantitativo e qualitativo) nelle città, perché vengono sottratte unità al mercato dei canoni durevoli e delle compravendite. Crescono anche problemi di sicurezza per i beni e le persone, insufficienze nei servizi essenziali di igiene urbana e trasporti. Le Amministrazioni – già in condizioni critiche – mostrano la corda, non riescono a tenere il passo con gli incrementi esponenziali delle presenze. Si fa strada ora l’urgenza di raffreddare, rallentare e redistribuire i flussi. Non potendo arrestare il fenomeno, occorre governare la “turistificazione” dei luoghi e agire su più fronti con forte decisione.
Innumerevoli “identità di successo” (leggi: Centri storici e/o paesaggi famosi e celebrati quali identità locali) vengono “ridotte in polvere senza significato” (Koolhaas) da voraci masse di turisti sempre più mobili e veloci. Ovunque si trovino a transitare, costoro vanno seminando i germi della distruzione delle vecchie e stanche “identità storiche”, e – quasi per contagio – inoculando la mutazione negli immaginari identitari degli stessi abitanti stanziali dei luoghi che i turisti attraversano. Accogliere i viaggiatori ma proteggere i luoghi dalla travolgente pressione dei turisti: è imperativo categorico per i responsabili di azioni e politiche urbane orientate alla cura delle città.