Interruzione volontaria di gravidanza: la 194 sotto attacco?

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Interruzione volontaria di gravidanza: la 194 sotto attacco?

 

Di Luca Lo Sapio

 

La recente notizia della decisione del governo di coinvolgere associazioni pro-vita nei consultori ha portato di nuovo al centro dei riflettori la Legge 194 del 1978. 

 

L’indicazione contenuta nel decreto PNRR, su cui è stata posta la fiducia, costituirebbe l’ennesimo tentativo di ostacolare l’esercizio del diritto di autodeterminazione delle donne. 

Questo episodio ci offre tuttavia la possibilità di sviluppare due riflessioni. La prima riguarda la co-esistenza de facto in Europa di due Weltanschauungen (visioni del mondo) morali: una Weltanschauung indisponibilista per la quale la vita è un dono che ciascuno di noi deve accogliere, e una Weltanschauung disponibilista per la quale la vita non è un bene incondizionato, ma è soggetto alle decisioni personali (su questo tema suggerisco la lettura del testo di Giovanni Fornero Disponibilità e Indisponibilità della vita). 

 

Come ho già evidenziato in un precedente articolo, l’auspicato passaggio dall’etica indisponibilista all’etica disponibilista non si è realizzato, facendo spazio piuttosto a un forse più modesto avanzamento dell’etica laica accompagnato talvolta da arretramenti più o meno rilevanti. 

 

In relazione all’aborto, possiamo constatarlo visionando i nuovi scenari prodottisi in Paesi come la Polonia e l’Ungheria, con l’introduzione di leggi che rendono l’interruzione volontaria di gravidanza un percorso a ostacoli o, in ogni caso, un evento carico di gravose conseguenze psicologiche, basti pensare all’obbligo di far ascoltare alla donna il battito cardiaco del feto disposto dalla seconda. 

 

Allo stesso tempo, però, possiamo apprezzare la decisione del parlamento francese di effettuare una modifica costituzionale per inserire il diritto all’aborto nella Carta fondamentale. 

Questa pluralità di posizioni e il dialogo interstatuale che talvolta ne deriva (ha fatto notizia la critica mossa dalla Ministra spagnola delle Pari Opportunità Redondo al provvedimento), da qualcuno percepito come una indebita intrusione negli affaire privati dei singoli stati membri dell’Unione è, invece, al netto delle numerose criticità del progetto europeo, un elemento propulsivo che spesso può stimolare confronto critico e sottrarre gli stati al loro isolamento ideologico. 

 

La seconda riflessione che intendo proporre è una lettura alternativa della decisione del governo, da alcuni vista come contraria allo spirito della 194. 

In realtà, per quanto la 194 sia un baluardo a difesa dell’autodeterminazione procreativa delle donne, non deve diventare un tabù metterne in evidenza i limiti strutturali. In effetti, talvolta lo dimentichiamo, la 194 è una legge che fin dalla sua denominazione “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” indica l’obiettivo per cui è nata: tutelare la maternità, invitando a rimuovere gli ostacoli che possono spingere una donna ad abortire, e considerando l’aborto come una concessione e un extrema ratio

 

Quest’ultimo punto ben si comprende se visioniamo gli articoli 2 e 9 della legge. 

L’articolo 2 riguarda proprio i consultori. Qui è sottolineato come l’istituzione dei consultori abbia come obiettivo centrale contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza.

Inoltre, i consultori “sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”. Da qui comprendiamo con chiarezza che la 194 non istituisce de iure il diritto all’aborto, sebbene de facto operi in tal senso. 

Comprendiamo anche che la presenza di organizzazioni del Terzo settore (dunque anche delle organizzazioni pro-vita) è prevista dalla norma ab origine

 

Se spostiamo la nostra attenzione all’articolo 9 poi troviamo un altro indizio chiaro dello spirito della 194. L’istituzione dell’obiezione di coscienza è infatti uno strumento che ostacola l’accesso al diritto di abortire e depotenzia la norma se letta in ottica pro-choice, potenziandola invece se letta in ottica pro-life

 

Che dire in definitiva? Forse se oltre a gridare che la 194 va difesa senza se e senza ma, le cosiddette forze politiche progressiste avessero il coraggio di denunciarne alcuni limiti, ne favoriremmo un’evoluzione in ottica disponibilista e pro-choice e depotenzieremmo il suo nucleo centrale, in cui ancora alberga un impianto indisponibilista e pro-life