DI CASTELLAMMARE, DI POLITICA E DI PROGRAMMAZIONE: L’INTERVISTA E L’APPELLO A GIORDANO,SEGRETARIO DEL PD STABIESE: “MAI PIU’ IL VUOTO.”
Segretario, a pochi mesi dal voto, partiamo dal Partito, per poi guardare alla Città, nella convinzione che il futuro di Stabia dipenda in larga parte dallo stato di salute della Sua Politica. E allora le chiedo, dopo le faide, come sta il Pd? A che punto è la rigenerazione del Partito Democratico stabiese?
Abbiamo ereditato un Partito in enormi difficoltà che si era per lungo tempo unicamente occupato della gestione del potere, in un continuo conflitto per bande e dove gli incontri erano funzionali al riparto dei ruoli di gestione amministrativa. Oggi abbiamo tra le mani un partito completamente diverso, con un gruppo dirigente in larga parte insediato il 4 luglio 2020 e che, pur presentando alcuni elementi di continuità col recente passato, va considerato come del tutto nuovo. Si tratta di un gruppo di persone espressione del mondo del lavoro, delle professioni e del sindacato che ha già prodotto dei risultati. Stiamo ricostruendo un partito praticamente da zero, coinvolgendo anche i più giovani che stanno tornando al centro della comunità del PD. Anche dai banchi dell’opposizione, il PD è tornato a discutere dei problemi della città, provando a ricomporre le frizioni che si erano create con le altre anime del centrosinistra.
Ecco, è nello scenario delle alleanze che il nuovo PD sta provando a rigenerarsi?
Sulla scia del quadro politico nazionale, regionale e metropolitano, la nostra prospettiva è quella di realizzare una efficace sintesi tra le forze politiche che, al di là degli screzi personali, hanno di fondo una visione comune della città, come è emerso nel corso del percorso di opposizione a Cimmino in Consiglio comunale.
Certo il quadro è mutato. Eppure ricordiamo la narrazione dem della “filiera istituzionale”, della relazione diretta con il Governo e con De Luca. Una grande occasione fallita per collocare sulla mappa politica quantomeno regionale Castellammare. Oggi, invece, è nella replica del “campo largo” che il Pd stabiese intende agganciare Stabia al quadro politico napoletano e regionale?
Certamente sì. Il campo largo non è uno schema politico calato dall’alto, piuttosto è un tentativo di produrre una proposta politica che affondi le sue radici nella logica delle alleanze che ha caratterizzato una lunga stagione del centrosinistra e che ora più che mai rappresenta una possibilità: tenere insieme, anche a livello locale, democratici, progressisti, liberali e riformisti. Il punto di fondo è che, diversamente dal passato, non abbiamo intenzione di mettere insieme le forze politiche più disparate pur di sommare pacchetti di voti e vincere le elezioni: la storia politica recente di questa città, dall’esperienza Cuomo a quella Pannullo, ha dimostrato che in questo modo non si governa. Occorre invece dare vita a una coalizione politica, con una sua dignità e un perimetro ben definito: tra me e Pannullo o Di Martino non ci sono idee profondamente diverse sull’idea di città, così come ci sono significative affinità tra le posizioni del Pd stabiese e quelle di Scala o di Enzo Amato.
Non si tratta semplicemente di uno schema calato dall’alto?
Tutt’altro. Dall’alto sono state calate altre soluzioni negli anni. Non posso essere smentito se ricordo che Pannullo fu candidato a 72 ore dalla scadenza della presentazione delle liste, con una coalizione che nessuno conosceva e nella totale assenza del partito: c’era un facilitatore – Gennaro Migliore – che, dall’alto dei suoi compiti di governo, realizzò la regia di quell’operazione politica. Oggi andiamo oltre la vecchia idea di filiera istituzionale: l’obiettivo è ridare a Stabia una centralità anche politica rispetto a un’area geografica ben più vasta, che abbraccia 250 mila abitanti.
In questo senso, rispetto al recente passato, il Partito Democratico torna ad avere una sua centralità?
Esatto. Il limite dall’amministrazione Pannullo fu quello di essere ancorato a un Pd di governo, senza che ci fosse un Partito a sostegno: le stanze della sede storica, non a caso, sono rimaste chiuse per oltre 18 mesi. Questa è una grande responsabilità di quella maggioranza: il partito avrebbe potuto dare un importante contribuito per dare maggior respiro a quella amministrazione. Ancora oggi, a ormai 5 anni di distanza, non conosciamo il vero motivo politico per cui nel febbraio 2018 si mise fine a quell’esperienza, tra l’altro a pochi mesi dalle elezioni di Nicola Corrado come Segretario.
Insomma, il campo largo darebbe luogo a una coalizione che vuole esprimere una visione di futuro, non essendo solamente l’espressione degli accordi politici dell’oggi: quale è il suo perimetro naturale?
Il campo è largo, ma non larghissimo: dal Movimento 5 Stelle ad Azione e Italia Viva, in una coalizione che coinvolga anche quelle esperienze civiche che si sono consolidate e strutturate nelle passate tornate elettorali.
Continuiamo a riflettere sulla rigenerazione del quadro politico: il paradosso in cui rimaniamo impantanati è sempre lo stesso, con una città centrale per il comprensorio, ma relegata all’irrilevanza politica. Spesso il processo di rigenerazione politica del territorio si è detto essere impossibile per la presenza dei clan, in una narrazione antimafia talvolta parodistica: la camorra è stata un alibi?
Dobbiamo distinguere i piani, perché la rigenerazione politica della città non è stata ostruita dalla presenza della camorra. Dire che ci sono i clan non basta e non deve essere un alibi. Certo, la camorra è presente sul territorio, incide, condiziona e va combattuta. Il tema è il rapporto che una parte della classe dirigente della città ha con i clan: è in questa promiscuità che purtroppo la Politica si è arenata. Sono mancate scelte di coraggio, ma non solamente per “vincoli camorristici”: è mancata una visione.
Con la narrazione antimafia si intende assolvere in blocco un’intera generazione politica stabiese: non ci sono più responsabilità, ma vittime. Ecco, questo è un tema culturale e politico che va chiarito, perché il primo argine ai potentati criminali è l’autorevolezza della politica e dell’azione amministrativa…
La camorra è tanto più pervasiva quanto più è flebile la voce della Politica: senza una visione di città, senza un’azione amministrativa autorevole, la malavita finisce per condizionare scelte e prospettive. Se questa è una città che discute ancora di Marina di Stabia, di Savorito e del Sottopasso è perché siamo stati fermi politicamente: la prima conferenza di servizi per l’ormai famoso Sottopasso è del 2000.
È una città da rimettere in moto, dove le migliori energie e intelligenze dovrebbero tornare a dare un contributo…
Per rigenerare è indispensabile creare spazi politici in cui le persone con qualità, esperienza e professionalità non debbano più solamente subire la logica prevaricatrice dei “portatori di pacchetti di voti”. Il Partito Democratico in questo senso ha già voltato pagina, a partire da luglio 2020: non è un caso che alcune figure storicamente presenti nelle liste del PD stabiese, come Iovino, hanno trovato una diversa collocazione. Il voto in più non si può conquistare solamente andando a caccia della famiglia più numerosa. Castellammare è in grado di esprimere un voto di opinione significativo: quel voto si conquista con una rinnovata qualità dell’offerta politica.
C’è una generazione di trentenni che ha convissuto, forse con colpe proprie, con una stagione di buio politico che in città perdura da circa 15 anni. Siamo fermi ai documenti di programmazione targati Vozza, ormai in larga parte desueti e incapaci di leggere le sfide del presente. Rigenerare per tornare ad avere una visione di città a 10 anni: una nuova programmazione è possibile? Il PD stabiese è pronto a lavorare su un nuovo Documento di programmazione prima del voto?
È necessario fare un passo in avanti rispetto a quella programmazione e l’impegno del Partito Democratico sarà certamente quello di lavorare per l’elaborazione di un Documento programmatico adeguato e rinnovato.
Si tratterebbe di uno sforzo straordinariamente importante per la città: un documento capace di tracciare una linea programmatica ampia, che metta a sistema lo scenario attuale, le sfide sul campo e un più vasto programma “di riforme per la città del 2034”. Questo contributo sarebbe cruciale anche per il tema turistico: anni fa, su questo giornale, parlavamo di trazione turistica, quando il fenomeno non era ancora esploso. Oggi abbiamo davanti una sorta di ciclone capace di stravolgere la città, nel bene e nel male. Ecco, la programmazione politica del territorio deve tendere a un nuovo punto di equilibrio tra trazione turistica e vivibilità: su questo aspetto a che punto è la riflessione dentro le forze del “campo largo”? Come si può incidere su questo delicato tema?
C’è un primo aspetto da considerare: negli ultimi anni si è consolidata una presenza turistica a Castellammare quasi a prescindere dalla città, che procede accodandosi ai flussi turistici che investono Napoli e il salernitano. Tutto questo sta andando avanti grazie all’impegno di attività private, in maniera autonoma e in parte scomposta. È chiaro che la politica, non solo stabiese, non è riuscita a gestire il processo turistico. Il primo passo è regolamentare, comprendendo che la diffusione di B&B e case vacanze non può determinare il completo stallo del settore immobiliare. In questo senso, il futuro turistico della città passa dall’implementazione dei “posti letto”, che non può essere subappaltato a strutture extra-ricettive: serve favorire la realizzazione di nuovi alberghi. Alcuni progetti immobiliari, penso all’area di Corso De Gasperi, a Marina di Stabia, vanno convertiti in questa prospettiva e non ancorati all’immobiliare residenziale. Se le vecchie progettualità sono in parte superate, si realizzino strutture alberghiere: i flussi turistici consentono di andare in questa direzione. Per il resto, vanno realizzate le opere previste da Contratto d’area: Corso De Gasperi ha delle potenzialità superficiarie enormi, ma è abbandonato da un ventennio.
Alberghi, dunque. E tuttavia governare il turismo significa anche de-congestionare la linea di costa…
Sono d’accordo, di turismo a Castellammare si è sempre parlato unicamente in relazione alla linea di costa. Il turismo, tuttavia, va governato e bisogna sempre di più essere in grado di orientare il processo: Castellammare può essere un hub di transito verso altre località, ma non deve limitarsi a essere questo.
La vecchia documentazione programmatica fa riferimento a Castellammare come città cerniera tra le varie località limitrofe: una sorta di dormitorio turistico per i brand più affermati. Nella nuova programmazione ci sarà ancora questo modello sullo sfondo?
No. Castellammare come “dormitorio turistico” non è un modello percorribile e la presenza di un numero maggiore di strutture alberghiere certamente non andrebbe in questa direzione. Dai dati ufficiali, Castellammare oggi conta, compresi i B&B, circa 1300 posti letto: sono numeri insufficienti. Non saremo mai una città capace di vivere di solo turismo, ma occorre strutturarci per governare il turismo e smettere di subirlo, mettendolo a sistema con le altre attività presenti sul territorio.
Su Fincantieri le ultime notizie sono positive…
Non basta. Il cantiere oggi ha commesse che garantiscono la produttività per i prossimi 8/10 anni. C’è un tema di prospettiva industriale, perché l’età media dei lavoratori è superiore ai 43 anni: un’industria metalmeccanica non ha futuro a queste condizioni. Eppure del cantiere, del comparto industriale la città ha bisogno, perché Castellammare non può affidarsi unicamente alla trazione turistica.
Quali sono le prospettive che abbiamo davanti sul piano politico e amministrativo?
Le strade sono molteplici e vanno percorse. Pensiamo alla zona ASI, praticamente al palo da 40 anni. Ma il vero cambio di passo lo dobbiamo avere nella capacità di ragionare come area territoriale ampia e non solo comunale. Per le attività produttive, in una città satura come la nostra, è vitale inserirsi all’interno di piani congiunti con altre realtà territoriali limitrofe: è questo il processo che dobbiamo intercettare e guidare con scelte capaci di guardare alla città che verrà.
Certamente ragionare di “comprensorio” e non di “piccola città” dovrebbe essere alla base del nuovo scenario programmatico…
È evidente che dobbiamo ragionare in termini di rete e in una prospettiva di collaborazione con i territori limitrofi, altrimenti rimarremo impantanati per altri dieci anni. Questo ragionamento di visione e prospettiva, a oggi, non è ancora compreso da tutte le forze politiche: si ragiona ancora di PUC su Castellammare, criticando tutto e tutti, senza tener conto che i nostri veri primi interlocutori saranno i sindaci di Gragnano, di Santa Maria la Carità e di tutti i comuni confinanti. Tra l’altro, ragionare sulle aree di confine comporta una riflessione profonda su alcune aree periferiche della città: pensiamo a quanto avverrà a via Savorito. Ribadisco: non basta solamente ragionare sulla linea di costa, serve favorire la creazione di un collante con l’entroterra; in questa prospettiva, le aree periferiche, se riqualificate, possono svolgere un ruolo decisivo.
Nella nuova visione programmatica, per la Stabia del 2034, il tema urbanistico resta un nodo delicatissimo ma rispetto al quale gli interessi in campo sembrano da sempre non incontrarsi con quelli della città. Si tratta di una sfida programmatica cruciale che sembra però anche stavolta ridursi a mera sfida elettorale?
C’è un pezzo di città che si sta riorganizzando per cercare di entrare in campo nella vicenda elettorale e garantirsi un sicuro presidio per i propri interessi, rimettendo al centro obiettivi che abbiamo già politicamente contrastato e che, anche grazie all’intervento della magistratura, sono stati ridimensionati. Il tema è sempre quello urbanistico, ovviamente: esiste un pezzo di città, di cui alcuni imprenditori sono abili interpreti, che spinge in direzioni che non possiamo condividere. Costruire appartamenti non è la soluzione ai problemi della città, perché si corre il rischio (come sarebbe accaduto per l’aria ex Cirio), di congestionare altre fette di territorio. La pianificazione di una città è una scelta programmatica che richiede serietà e rigore, che condiziona lo sviluppo di un territorio per decenni. Nel 2024, Castellammare è ancora ferma al Piano, riadeguato dalla Giunta Vozza, elaborato prima del terremoto del 1980.
Anche sul PUC, in realtà, le fratture tra le varie anime della città sono emerse…
Noi abbiamo fortemente contrastato la nuova versione di PUC presentata dall’ormai ex Sindaco Cimmino: l’adozione è avvenuta il 9 febbraio 2022, frettolosamente e nella consapevolezza che dopo poco il Comune sarebbe stato commissariato. Dunque, deve essere chiaro che si sta ragionando di un Piano che affonda le sue radici nell’amministrazione Cimmino, purtroppo.
Chiuderei con una considerazione e una promessa: dopo il vuoto, mai più il vuoto. Il nuovo corso del Partito Democratico sarà valutato anche e soprattutto in base alla capacità di rigenerare una comunità politica silente e rassegnata. A partire dal 2024, anche prima del voto, è necessario tornare a promuovere una Castellammare Politica, con eventi e momenti di dibattito pubblico, anche grazie al coinvolgimento di personalità di spicco e delle migliori energie e intelligenze sul territorio. Dopo il buio politico, la sua Segreteria ha intenzione di riaccendere la luce?
Assolutamente sì. Siamo riusciti ad avere qui il Segretario Schlein: si tratta di un primo segnale importate proprio nella prospettiva che hai tracciato. Ci saranno altri momenti di confronto pubblico, anche valorizzando in modo più trasversale le sensibilità politiche in campo. È una promessa: mai più il vuoto.
Mauro Malafronte