Voto giovanile: tra astensionismo e malumori
di Vincenzo Rocco
Le ormai trascorse Elezioni Europee dell’8 e 9 giugno hanno chiamato alle urne più di 51 milioni di elettori, ma a rispondere sono stati in meno della metà, registrando l’affluenza più bassa per questo tipo di elezioni dal 1979. Un dato allarmante che peggiora man mano scendendo nella fascia d’età degli under 30, la cosiddetta “generazione europea”.
Sono in tanti a cercare le cause di questo fenomeno.
C’è chi afferma che i giovani d’oggi non siano più interessati alla politica, chi addita tutto alla mancanza di rappresentatività da parte dei partiti politici.
La risposta, però, non è così semplice e non può essere riassunta in poche righe.
𝐌𝐚𝐧𝐜𝐚 𝐥‘𝐢𝐧𝐭𝐫𝐨𝐝𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚
Una delle cause per le quali i ragazzi si sentono distanti dal mondo della politica può essere riscontrata nell’assenza di una vera e propria introduzione all’universo politico, sia esso nazionale, europeo o internazionale.
A partire dalle famiglie, delle quali si è persa anche la minima usanza di accendere un dibattito politico su temi d’interesse sociale, finendo nei luoghi dell’istruzione e del sapere come le scuole.
Giovani distanti dalla realtà? Assolutamente no.
Lo dimostrano i dati ASviS, secondo il quale è quello giovanile, il gruppo più attivo nelle mobilitazioni e nelle azioni volte a costruire un futuro migliore per il Paese.
Difatti, la predominanza di una presenza degli under 30 durante le manifestazioni per i diritti civili e sociali, la giustizia climatica, la pace, l’immigrazione e l’integrazione culturale è abbastanza palese.
Non solo. Anche nelle azioni a servizio della collettività i giovanissimi primeggiano, con la partecipazione del 40% dei ragazzi nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 19 anni al progetto del Servizio civile universale (Scu).
Se però l’attivismo civico è presente, lo è sempre meno quello politico.
Aumenta, infatti, sempre più la richiesta di un dibattito sui temi che sia a-politicizzato, scevro dagli ideali di “destra” e di “sinistra”. O almeno in maniera apparente.
Infatti, seppure questo dato sia in parte confermato dal risultato alle urne di alcuni partiti come Azione o liste come SUE, che vedono più della metà del loro elettorato (1,6 milioni di persone) concentrarsi tra i diciottenni e i trentenni, non può non evidenziarsi il cambio di rotta effettuato dalla sinistra: AVS, che tra i fuorisede raccoglie il 40% e il PD, capolista tra i partiti più apprezzati tra i giovani.
Ricompensa dovuta sicuramente anche alla scelta da parte di questi partiti di affrontare in maniera diversa rispetto a prima delle politiche del 2022 i problemi del Paese, ma anche una latente (seppur presente) voglia di sinistra da parte dei giovani.
Poco e mal rappresentati
La mancanza di rappresentatività restituita da parte dei politici e delle Istituzioni delle istanze giovanili è sicuramente la principale causa di astensionismo e di malumori tra i giovani elettori.
Tra programmi elettorali poco appetibili, vaghi e alle volte confusionali sembra quasi sia in atto in Italia un’istigazione all’astensionismo.
Stufi poi di vedere un elettorato tradito e raggirato hanno penalizzato in cabina elettorale i partiti vaghi e poco chiari come la Lega, che tra gli under 30 fa peggio di tutti con il 3%, premiando invece partiti con posizioni più nette su temi come, per esempio, il riconoscimento della Palestina per Alleanza Verdi-Sinistra.
Diciamoci poi la verità, perché dei diciottenni dovrebbero sentirsi rappresentati e andare a votare dei matusalemme in corsa tra di loro?
Si guardi il dato anagrafico: su 867 candidati sono solo 76 quelli ad avere un’età compresa tra i 25 e i 35 anni (ricordiamo infatti che l’Italia, insieme alla Grecia, ha l’età minima per potersi candidare più alta dell’UE, 25 anni appunto), doppiati dagli over 65.
E la situazione attuale non ci aiuta: siamo pochi numericamente e poco forti economicamente, una “classe sociale” che non riesce a far valere le proprie istanze. Diventa imperativo per i partiti politici iniziare a pensare a uno svecchiamento dell’attuale classe dirigente, formando e posizionando gente nuova e giovane che sappia risvegliare e trainare il voto giovanile.
I giovani a sinistra
Una cosa è certa: l’ondata delle destre ha investito tutta Europa.
In Francia RN di Le Pen e Bardella ha ottenuto il 30% dei consensi, così anche la Germania che vede la CDU alla stessa cifra insieme a un pericoloso aumento di AfD al 16%. Anche l’Italia non è da meno con un pesante 28% per FdI.
Il voto giovanile italiano, però, si differenzia da quello di questi due paesi. Se in Francia infatti gli under 24, convinti e trainati da un giovane e abile Jordan Bardella (e qui la necessità dei partiti italiani di innovare in figure giovanili), hanno affidato per il 32% di loro il voto a Ressemblement National (RN), mentre in Germania la CDU e AfD conquistano nella stessa fascia d’età entrambi il 17%, in Italia le destre perdono sonoramente.
Le opposizioni unite infatti, guidate dal 22% del nuovo Partito Democratico di Elly Schlein hanno racimolato lo straordinario risultato del 61%, contro il 30% della maggioranza di Governo (non sono contate le liste extra-parlamentari). Il cosiddetto campo largo invece raccoglie da solo il 39%, lanciando un messaggio chiaro: la sinistra riparta puntando sui giovani.