Megalopolis: che “razzie” di premi?

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Megalopolis: che “razzie” di premi?FONTEFOTO:http://mercuzioandfriends.it/

 

di Dionigi Zizza

 

Il nuovo film di Francis Ford Coppola, uscito a novembre 2024, è – e resterà – uno dei titoli più controversi della lunga carriera del regista italo-americano.

Candidato a ben cinque Razzie Awards – l’antipremio per eccellenza, opposto agli Oscar – ha vinto quelli per il peggior regista e per il peggior attore non protagonista.

 

Megalopolis ha molte fonti di ispirazione: la più evidente è il De Catilinae Coniuratione di Sallustio, da cui derivano i nomi di tutti i protagonisti e la trama stessa.

L’ambientazione, infatti, è quella di una Roma moderna situata in America, governata dal retrogrado e reazionario sindaco Cicerone (Giancarlo Esposito).

 

A opporsi a lui, è Cesar Catilina (Adam Driver), figura rivoluzionaria e vincitore del Nobel per la scoperta di una sostanza quasi incorruttibile allo scorrere del tempo chiamata Megalon.

Catilina si innamora di Julia, figlia del sindaco, la quale scopre che l’architetto è in grado di saper fermare il tempo.

Catilina è, inoltre, nipote del ricchissimo banchiere Hamilton Crasso III (John Voight).

 

Sullo sfondo del contrasto tra il sogno utopico di Catilina e il conservatorismo del sindaco Cicerone, si muove la figura di Clodio Pulcro, cugino di Catilina, agitatore delle masse, intento a ereditare la banca dallo zio.

Clodio odia Catilina, e ha tutti i tratti del pericoloso politico autoritario in grado di sfruttare le tensioni sociali di un popolo sull’orlo del declino.

 

Oltre all’evidente nesso con Sallustio, Coppola stesso cita tra le sue fonti anche La vita futura (1936) di William Cameron Menzies.

Il progetto nacque subito dopo Apocalypse Now, ma non trovando produttori, Coppola ha deciso di finanziare tutto da sé con un budget di circa 120 milioni di dollari.

 

Le riprese iniziarono sotto i peggiori auspici e nonostante il clamoroso flop al botteghino dove ha riscosso a mala pena 12 milioni di dollari, Megalopolis è un lucido ritratto del nostro tempo, raccontato come una favola cinematografica dalla mano esperta di Coppola.

 

Fin dalla prima scena, il potere di Catilina di fermare il tempo è mostrato in piena azione, senza troppe spiegazioni per far sì che sia lo spettatore a dover interpretare.

 

Il film è ricco di citazioni shakespeariane e la figura di Catilina viene mostrata con tutti i suoi difetti e nei suoi pregi.

Particolarmente suggestiva è la scena in cui Catilina e Cicerone discutono camminando sul plastico della città progettata dal sindaco: una metafora del potere che parla solo a sé stesso, prendendo decisioni che riguardano però tutti.

 

La fotografia di Mihai Mălaimare Jr. accompagna l’utopia di Catilina con inquadrature sognanti. 

Il principale difetto del film è la scelta della cinepresa digitale, che spesso rende artificiali le immagini e non valorizza l’estetica del film. 

Tuttavia, in certi momenti, Coppola riesce a sfruttarlo con efficacia, rendendo volutamente falso o confezionato, per poi sporcarlo quando necessario con giochi di luce narrativamente fondamentali.

 

Una delle sequenze più evocative è quella in cui Catilina, a bordo della sua Citroën Pallas con il fidato autista, attraversa New Rome di notte. 

La città è immersa in un filtro blu, le statue disseminate ovunque si animano in modo simbolico: la Giustizia lascia cadere la bilancia, il Legislatore getta le tavole, una statua si accascia. L’auto prosegue lenta nella pioggia. 

Quando arriva a destinazione, l’inquadratura si apre: da un lato, la notte e la pioggia; dall’altro, il giorno. 

Il richiamo al celebre quadro L’impero delle luci di Magritte è lampante.

 

I colori e i fumi che si intravedono dal finestrino dell’auto richiamano, in più scene, le tonalità di Taxi driver, soprattutto quando si vuole mettere in luce il degrado.

La cinepresa fa pochissimi movimenti, restando spesso fissa, come in un teatro.

 

In alcune scene, l’inquadratura si restringe a cerchio, come se stessimo guardando attraverso un obiettivo di una fotocamera.

 

Il film sembra nascere in diretta dalla cinepresa, che si sposta gradualmente dalla finzione alla realtà.

Sacro e profano si mescolano sapientemente: basti pensare alla scena dell’asta delle vergini nel Colosseo di New Rome, dove la cinepresa abbandona la sua immobilità per seguire le allucinazioni di Catilina, ubriaco e drogato, in un crescendo visivo e narrativo.

 

Alcuni dialoghi riprendono direttamente le Catilinarie di Cicerone, e sono spesso citati versi di Catullo o Orazio.

Il film offre molte riflessioni su cambiamento, utopia e autoritarismo.

L’ascesa del potere autoritario è mostrata in modo diretto, senza metafore.

Bastano le immagini. 

 

Megalopolis: ha eccome i suoi difetti: le interpretazioni sono in genere buone, ma Nathalie Emmanuel (Julia) risulta poco incisiva e ridotta a espediente narrativo.

La spiegazione del potere di Catilina di fermare il tempo è affascinante, ma risolta in modo troppo banale.

Alcuni effetti speciali, come quelli della città utopistica immaginata da Catilina, sono esagerati e mettono in mostra il peggio del digitale.

 

Eppure, nel complesso Megalopolis è un film geniale, che racconta le contraddizioni del nostro tempo, sia volontariamente che involontariamente.

È godibile, con un Adam Driver straordinario e un Coppola che racconta una storia estremamente intima.

Probabilmente verrà rivalutato col tempo.

 

È una satira ambiziosa, ironica e disillusa su un mondo che sembra avere più spazio per sognatori e utopisti.

Non a caso il sottotitolo, voluto dallo stesso Coppola, contiene la parola favola.

 

Il finale si affida a un classico Deus ex machina, che arriva a sciogliere una trama impantanata.

Ma non va interpretato come pigrizia narrativa, piuttosto, va letta come la paura, del regista e dello spettatore, hanno di restare bloccati in un mondo senza alternative.

 

Lo stesso espediente è presente in molti dei film di Frank Capra, si pensi a Mr. Smith va a Washington

(1941) o Arsenico e vecchi merletti (1938), dove il lieto fine arriva da fuori, segnando un punto di equilibrio tra pessimismo e speranza.

 

Voto finale: 9