Scuola, sindacato e cooperazione. Breve profilo di Annalola Geirola

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Scuola, sindacato e cooperazione. Breve profilo di Annalola Geirola

di Alessandra Macci e Domenico Cirella

 

Questo profilo di Annalola Geirola, dirigente di categoria e confederale della CGIL di Napoli e Campania durante un periodo politico lungo e difficile della storia del Mezzogiorno, è un atto di riconoscenza nei confronti di una donna che ha contribuito, con coerenza e determinazione, alla crescita del sindacato e alla difesa dei diritti di lavoratrici e lavoratori. 

 

Protagonista di battaglie più generali per conquiste economiche, sociali e civili, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato anche dagli sforzi del sindacato di procedere tra collateralismo ed autonomia, la Geirola mosse i suoi passi, tra speranze e delusioni, fin dagli anni post-universitari.

 

Figlia di Carlo Geirola, genovese che, a seguito del matrimonio con la napoletana Concetta Lomasto, si trasferì da Genova all’Ansaldo di Pozzuoli (Carlo sarà poi responsabile del controllo qualità presso l’azienda Worthington di Marcianise, costruttrice di pompe industriali), Annalola Geirola nacque a Napoli il 9 ottobre 1946. 

 

Conseguita la maturità magistrale presso l’Istituto Pimentel Fonseca di Napoli, e poi la laurea, sempre a Napoli, presso la Facoltà di Magistero dell’Università Suor Orsola Benincasa, prese a dedicarsi, nei primi anni Sessanta, all’insegnamento elementare. 

 

In un clima ancora lontano da quello che sarà poi il ’68, prima iscritta, nella sua scuola, alla nascente sezione CGIL Scuola (1967) e quindi prima aderente agli scioperi da essa proclamati, riuscì presto a coinvolgere, in quell’azione, gran parte del corpo docente della scuola in cui insegnava. 

 

Ebbe così inizio la sua militanza politico-sindacale, militanza che, a partire dalla scuola, la portò presto – su proposta dello stesso sindacato e della Federazione giovanile comunista che nel frattempo aveva preso a frequentare – verso settori anche lontani da quelli scolastici. 

 

Cominciò dunque ad impegnarsi nella battaglia dei calzaturieri del Rione Sanità, settore nel quale lavoratrici e lavoratori operavano, quasi sempre a nero, in ambienti anche poco salubri.

In un rione dove il modello di produzione della grande fabbrica (ricordiamo, in particolare, la Mario Valentino), ma anche quello delle piccole e medie imprese, rappresentava un’eccezione, la produzione risultava diffusa in “laboratori” a domicilio, ubicati soprattutto nei bassi. 

E lì, dopo aver contribuito a mettere a nudo la realtà del lavoro sommerso e sottopagato, la Geirola lavorò pure alla realizzazione a all’applicazione di un contratto di lavoro per un mondo fin ad allora clandestino se non addirittura sconosciuto. 

Questo avveniva in una zona, il quartiere Stella, peraltro già protagonista delle Quattro Giornate di Napoli. 

 

E quelle battaglie sindacali per il riconoscimento del valore-lavoro accrebbero anche il numero di iscritti della sezione del partito comunista, migliorando pure, nel contempo, la qualità della scuola di quell’area (molti sindacalisti, come appunto la Geirola – si è detto – venivano da lì); scuola che, già capace di allontanare i ragazzi dalla malavita organizzata, cominciò a funzionare anche come ascensore sociale. 

 

Partendo dalla triade scuola-sindacato-partito, fin dai primi anni Settanta la Geirola si spinse maggiormente verso responsabilità politiche formalizzate, accettando candidature tra le liste del Partito comunista italiano, prima al Comune di Napoli e poi al Parlamento, e impegnandosi in battaglie civili quali quelle per divorzio e aborto. 

 

Le sue radici continuarono comunque ad essere ben salde nel terreno della CGIL Scuola; terreno, quello, che negli anni Settanta, forse perché anche irrorato dall’ideologia sessantottina, tendeva ad espandersi in maniera impetuosa. 

 

Proveniente pure da ambienti esterni ai partiti, approdava nel frattempo alla CGIL Scuola, e poi ad una militanza sindacale più allargata, una generazione di donne e uomini che, figli della scolarizzazione di massa, contribuirà in maniera determinante al rinnovamento del sindacato confederale. 

 

La confederazione della CGIL pescava infatti soprattutto nella scuola quei quadri che avrebbero contribuito al percorso di rinnovamento – sia di categorie che confederale – avviato e perseguito in quegli anni, alla direzione della Camera del lavoro di Napoli e alla direzione regionale, da dirigenti quali Giuseppe Vignola, Silvano Ridi, Nando Morra. 

 

E, nell’ambito di questo progetto di rinnovamento, alla Geirola – già impegnata, qualche anno prima, nella vertenza dei calzaturieri – fu assegnata la direzione della categoria napoletana della FILZIAT CGIL dell’industria alimentare.

 

Erano anni di profonda ristrutturazione del settore. 

La SME, del Gruppo IRI, aveva acquisito nel 1968 la Motta, e nel 1970 la Cirio e il 50% di Alemagna, acquisizioni che avevano però scatenato, da parte di ambienti liberali, voci critiche rispetto a quello che sarà poi definito il “panettone di Stato”, con conseguente richiesta di dismissione di insediamenti produttivi importanti quali quelli di Napoli e Milano. 

 

In un clima difficile e teso, la Geirola si impegnò, con la FILZIAT, in difesa di quegli impianti, che rimasero attivi fino all’inizio degli anni Ottanta, quando cioè l’IRI cederà gran parte del comparto alimentare al Gruppo De Benedetti. 

 

Nell’ambito di quelle battaglie, la Geirola ama ricordare episodi in qualche modo singolari. 

Per impedire agli operai della Cirio l’ennesima occupazione dei suoi uffici, collocati agli ultimi tre piani di un palazzo al centro di Napoli, il gruppo dirigente della SME finanziaria aveva fatto blindare, col blocco degli ascensori, l’accesso a quei piani; ascensori poi sbloccati dai meccanici dell’impianto Cirio di Vigliena, con conseguente nuova occupazione della direzione. 

E poi le battaglie a favore dei lavoratori stagionali, anche stavolta in nero, del settore conserviero di Sant’Antonio Abate, area in cui l’economia sommersa contava sull’appoggio della politica locale; battaglie che riguardavano anche la salvaguardia di quei finanziamenti pubblici per l’ammodernamento del settore che le connivenze politico-camorristiche tentavano di dirottare verso ambienti malavitosi. 

 

Conclusa l’esperienza nella FILZIAT, nel 1980, durante il mandato di Silvano Ridi, la Geirola entrò nella Segreteria regionale della Cgil. 

Erano gli anni delle grandi vertenze regionali per il lavoro, del tentativo di riforma del collocamento e del movimento dei disoccupati organizzati, un movimento che finì rapidamente per degenerare in forme di lotta selvaggia. 

Con la pretesa di godere di un privilegio nelle assunzioni al Comune di Napoli, il movimento arrivò ad occupare e a devastare sedi di partito e della cooperazione, a minacciare e intimidire dirigenti e amministratori pubblici, a bloccare la città di Napoli. 

 

In anni in cui partiti e istituzioni, anche per ragioni clientelari ed elettorali, si schierarono spesso dalla parte del movimento, producendo la peggiore svolta assistenzialistica della storia del Mezzogiorno, il sindacato si mosse controcorrente. 

E quando i disoccupati organizzati occuparono la sede della Cgil, ennesima tappa della strategia di intimidazione verso le organizzazioni democratiche, la Geirola, con Silvano Ridi, si schierò a favore del ripristino della legalità, appoggiando la richiesta di sgombero della sede da parte delle forze dell’ordine. 

 

Le dure discussioni sulla questione ebbero comunque il merito, all’interno della CGIL, di mettere fine al tentativo di coinvolgere il sindacato nella catena di ricatti e di minacce perpetrate dal movimento. 

Ma la linea assistenzialista, che si rafforzerà anche a seguito del terremoto del 1980, era ormai tracciata, e finì per minare la programmazione allo sviluppo e alla ristrutturazione industriale, che pure qualcuno continuava a immaginare per il Mezzogiorno.  

 

Dopo l’incarico di seguire, nell’ambito della Segreteria regionale della CGIL, le vicende del terremoto in Irpinia, nel 1981, in occasione del Congresso nazionale, la Geirola fu eletta – con un consenso che andò oltre le sue aspettative – nella Segreteria nazionale della CGIL: si presentava dunque l’occasione di guardare, da un osservatorio privilegiato, alle complesse vicende del Paese e alle spinose tematiche di quegli anni (non ultima, la complessa discussione sulla scala mobile). 

 

In un periodo di contrasti riguardanti, in particolare, le politiche sull’austerità e delle grandi ristrutturazioni industriali, la Geirola dovette prendere atto dei limiti mostrati, in quelle fasi, dall’azione del sindacato e dalle politiche della stessa sinistra. 

E quando al Sud si registrava in maniera decisa, anche per l’arretramento della dimensione pubblica, un forte processo di desertificazione produttiva, e al Centro Nord si assisteva invece al consolidamento dello storico apparato produttivo, anche la dimensione nazionale di PCI e di altre forze di sinistra, a fronte di situazioni così contrastanti, appariva nient’altro che una semplice aspirazione. 

 

Neppure il sindacato le appariva esente da colpe. 

La cooptazione di (pochi) quadri meridionali nella Segreteria nazionale e in quelle di alcune categorie, sguarniva di fatto una realtà, quella meridionale che, già di per sé difficile, avrebbe dovuto essere rafforzata con solidi presidi locali. 

 

Fu forse soprattutto per questo senso di smarrimento, unito al desiderio di valorizzare le esperienze fatte nel mondo dei calzaturieri e degli alimentaristi (dove le sembrava ci fosse ancora tanto da fare: dal superamento del lavoro nero e sottopagato, alla ricerca di nuove vie per l’innovazione) che la Geirola accettò la proposta di passare dalla direzione della CGIL alla Presidenza della Lega delle Cooperative. 

 

D’altra parte, negli anni in cui aveva diretto il sindacato dell’industria alimentare, aveva anche dato il suo contributo all’idea della creazione di un consorzio, nel distretto pastaio di Gragnano, per la valorizzazione di marchi e la programmazione di politiche commerciali; un progetto che avrebbe visto la luce solo vent’anni dopo, ma durante il cui concepimento lei aveva tenuto i primi contatti con quella Lega delle Cooperative in cui sarebbe approdata alla fine degli anni Ottanta. 

All’inizio degli anni Novanta, con il crollo dei partiti di massa, anche la Geirola – come tanti militanti che avevano creduto in quel mondo ora in profonda trasformazione – cominciò a privilegiare maggiormente la dimensione privata. E ciò le consentì di scoprire la sua vocazione per la saggistica. 

 

Tra i suoi libri più interessanti: Comunisti nel Rione Sanità (2021), scritto con Olimpia Ammendola, libro che descrive la sua esperienza nell’ambito delle battaglie a favore dei calzaturieri; Centroforia, una storia di impegno civico nella città immobile, una bella ricostruzione, dal punto di vista urbanistico, della zona napoletana di via Foria, lavoro che riprende il precedente Via Foria, un itinerario napoletano (2006), scritto con Rocco Civitelli; inoltre, sempre con Civitelli, Il culto delle anime pezzentelle a Purgatorio ad Arco nel secondo dopoguerra (2016).

 

Annalola Geirola vive a Napoli, nella sua via Foria, dove continua a coltivare la sua passione per la politica e quella della riscoperta di storie napoletane.