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Il commercio ambulante e la direttiva europea “Bolkestein”

Scritto da Riccardo Barone Il . Inserito in Vac 'e Press

Mercato della Pignasecca

Oltre ad essere finita l’estate meteorologica, comincia anche l’autunno caldo delle manifestazioni. Quella di oggi sarà messa in piedi, al Mercato “Caramanico”, dai venditori ambulanti, concessionari degli spazi di vendita dei mercati napoletani, poiché anche per loro si sta avvicinando una stagione di cambiamenti ed incertezze.

La (legittima) paura di perdere la loro concessione, e quindi la loro attività legale, nasce in occasione del recepimento della direttiva UE “Bolkestein” da parte dello Stato Italiano, con il decreto legislativo 59 del 2010, in cui si stabiliva che tutte le risorse naturali possano essere concesse in gestione ai privati solo per un tempo limitato, con gare ad evidenza pubblica (che non prevedano privilegi per i concessionari uscenti, se non nella fase transitoria) e non più con il sistema dei rinnovi automatici.

Tuttavia nessun altro paese europeo ha applicato la “Bolkestein” nel settore dei mercati ambulanti, poiché la direttiva impone una gestione concorrenziale e trasparente delle risorse naturali e l’Italia è l’unico paese in cui il suolo dei mercati viene considerato una “risorsa naturale”. Fa eccezione la Spagna che ha recepito la “Bolkestein”, anche nel settore dei mercati ambulanti, ma gli spagnoli hanno sostanzialmente eluso la direttiva stabilendo che il proprio sistema di gare, per l‘affidamento delle concessioni, partirà tra 75 anni (più dell’attuale “età” dell’UE)!!! (La Spagna ha usato lo stesso sistema per rinviare l’applicazione della “Bolkestein” per le concessioni demaniali marittime: le gare per quest’ultime partiranno tra 90 anni)

Tuttavia data la scelta del Governo e l’accordo della conferenza Stato-Regioni del 5 luglio 2012, che stabiliva che a 5 anni da quella data sarebbero state messe a gara tutte le concessioni scadute, il 5 luglio 2017 si avvicina e, in vista delle nuove gare per la concessione degli spazi pubblici, i problemi sul campo sono essenzialmente due ed attualmente irrisolti:

1 Il sistema di gare: i commercianti uscenti hanno naturalmente investito nel loro lavoro e nell’acquisto dei beni strumentali allo stesso molto prima che avvenisse la liberalizzazione del settore, pertanto le gare, se costruite senza nessun privilegio per i concessionari uscenti, rischiano di mettere in difficoltà centinaia di piccoli commercianti che oltre a perdere il proprio lavoro, perderebbero, senza alcun risarcimento, anche i propri investimenti.

2 I Comuni sono in ritardo nella predisposizione delle gare e manca ancora il tavolo di concertazione ministeriale, più volte annunciato dal MISE, che dovrebbe scrivere le nuove regole, ed in quella occasione dovrebbe affrontare l’annosa questione del diritto o meno di grandi società di capitali ad entrare in questo settore così delicato e fondato, in larga parte, su microimprese.

Onestamente credo che questa liberalizzazione possa aggredire gli aspetti più opachi delle concessioni (come il subaffitto, che sottrae risorse allo Stato e crea “rendite di posizione”). Ancora una volta la politica è chiamata ad affrontare il difficile compito di contemperare i “diritti acquisiti”, su cui intere generazioni di lavoratori hanno fatto legittimo affidamento, con l’esigenza di creare un sistema di regole più chiaro ed efficiente.