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Dalla scuola alla scena

Scritto da Rita Felerico Il . Inserito in Teatro

pecore nere

Come sempre, Napoli ha nei teatri un suo punto di forza nell’ambito dell’offerta culturale e i cartelloni degli spettacoli proposti, oltre ad essere vario e di notevole interesse, propongono sempre pagine originali o di inaspettato stile.

Molti sono i giovani che frequentano scuole attoriali e teatrali, legate a laboratori, a particolari percorsi di ricerca o di formazione o all’insegnamento di famosi maestri che hanno ‘generato’ in passato come oggi professionisti della scena, richiesti da più parti e non solo qui a Napoli. Queste le motivazioni che mi spingono ad osservare con interesse gli sviluppi di varie realtà, più o meno note e affermate sulla piazza napoletana in virtù delle loro produzioni.

Un pubblico attento e appassionato non può quindi fare a meno – nel trarre le proprie considerazioni - di affiancare la ‘fatica e il lavoro’ degli aspiranti protagonisti di palcoscenico ai loro maestri.

Era questo che pensavo mentre al Théatre de Poche assistevo a Il Borghese Gentiluomo messo in scena da Le Pecore Nere s.r.l. per la regia di Peppe Miale. Da tempo laboratorio di ricerca e di formazione a partire dal 1992, il Théatre de Poche – che si definisce simpaticamente un teatro tascabile- sperimenta la commistione e l'innesco di diverse discipline (musica, danza..) e il coinvolgimento quindi di diverse professionalità e competenze nella produzione teatrale, intesa come messa in opera collettiva e frutto di una creatività in movimento generata dalle diverse "personalità" poste in azione.

Le tecniche espressive, il linguaggio hanno un riferimento storico nella scuola francese della Rive Gauche, che va da Merceau a Ionesco,da Lecoq a Quéneau, raccontando il teatro e la realtà soprattutto attraverso la cifra del paradosso.

E esperienza singolare è stata per me arrivare un po' in ritardo e l'aver seguito la prima parte dello spettacolo – per l'impossibilità di accomodarmi in platea – da dietro le quinte. E' da qui, da questa postazione, che ho meglio apprezzato il lavoro della scuola, il grado di passione che ha portato ad una formazione disciplinata, seria e liberamente espressa, da qui si sentiva il gruppo attoriale 'farsi corpo' e affrontare il testo e il pubblico con la carica e il vigore dato dalla sicurezza tecnica e dall' abitudine a sentire, scandagliare e governare le proprie emozioni.”Far ridere oggi con le parole di Molière è compito improbo – confida il regista – e tanto più improbo se ci si affida ad un gruppo di giovani attori. Ma da maestro ritengo sia necessario , per la loro crescita, che si realizzi una meravigliosa necessità: la nascita della 'bravura' e a loro, per questo, ho consegnato il compito di 'suscitare il riso' “.

Un compito ben riuscito se godiamo e ‘ridiamo’ alle ‘prova’ dei neoattori. Francesca Somma, Luigi Leone, Manuel Severino, Marica Ferone solo alcuni dei nomi degli allievi che frequentano la scuola, lì da tre anni, chi da due; molti di loro abitano lontano dalla città ma la passione è più forte di qualsiasi difficoltà logistica.

Su questo palcoscenico così, negli anni si sono formate tante leve; penso ad un giovane attore, visto da poco sulle scene del teatro Diana, ad Agostino Pannone, in tournée di risonante successo insieme a Gregorio De Paola e Eduardo Scarpetta interpreti dei figli della Filumena Marturano con la regia di Liliana Cavani. Con loro, ad essere Filumena, Mariangela D'Abbraccio e Geppy Gleijeses il Domenico Soriano. La regia della Cavani suscita nel pubblico dei tanti teatri d'Italia visitati da nord a sud dalla compagnia, interesse e curiosità.

Ai giovani 'figli di Filumena', passati dalla scuola alla scena, ho rivolto alcune domande:

Di questa esperienza teatrale qual è l'elemento che considerate più eduardiano? E quello che esprime di più la lettura della Cavani?

Gregorio: La famiglia è l' indiscusso leit motiv di tutta la drammaturgia eduardiana e in Filumena Marturano emerge soprattutto il tema della paternità dapprima negata e poi riconosciuta. Liliana Cavani ha approfondito invece la storia d' amore tra Domenico Soriano e Filumena. Un amore roccioso, maturato tacitamente nel tempo seppur tra mille conflitti e contraddizioni.

Agostino: L'elemento più eduardiano, fortemente autobiografico, è la centralità della famiglia, orfana della figura paterna. Liliana Cavani, innamorata di questo testo, ha voluto che ne venisse fuori intatta la storia di questa donna, senza orpelli e suppellettili prettamente teatrali. Se penso all'elemento più cavaniano, infatti, mi viene in mente l'asciugatura ritmica delle scene, a favore di un coinvolgimento emotivo maggiore.

Eduardo: L'elemento più eduardiano è la straordinaria umanità dei personaggi, che la nostra edizione sublima. L'elemento più cavaniano è la direzione impartita agli attori: ricercando una recitazione asciutta a favore di una maggior affezione dello spettatore nei confronti dei personaggi.

Il tratto più moderno dei figli di Filumena

Agostino, Eduardo, Gregorio: La verità, la naturalezza attraverso cui Liliana ha cercato di restituire emotività ai tre figli. La nostra impressione è che abbia voluto fortemente che i tre figli emozionassero attraverso le loro specifiche caratteristiche, smussandone gli angoli stereotipati e ricercando un'autenticità in ogni figlio.

Un motivo per suggerire ai giovani di venire a teatro ed assistere alla Filumena

Agostino, Eduardo, Gregorio: L'idea che ci siamo fatti, da giovani attori, è che la forte aderenza al testo con cui Liliana ha costruito questo allestimento, amplifichi la straordinaria modernità di Eduardo, che dopo 70 anni risulta sempre attuale!

In due battute che valore date alla formazione teatrale?

Agostino, Eduardo, Gregorio: Conveniamo tutti e tre che la formazione attoriale fornisca gli strumenti necessari per approcciare al lavoro con una maggiore consapevolezza delle proprie capacità. Tutti e tre siamo pienamente convinti che avere la possibilità di vivere il palcoscenico, sia la palestra migliore!