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“L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”: l’opera anarchica e liberatoria di Sydney Sibilia

Scritto da Vitaliano Corbi Il . Inserito in Cinema & TV

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È un’esperienza catartica l’ultimo film di Sydney Sibilia distribuito su Netflix a partire dal 9 dicembre 2020: “L’incredibile storia dell’isola delle rose”.


Ma per godere delle emozioni rarefatte che la storia può suscitare, è necessario, per noi spettatori, un approccio diverso da quello che saremmo propensi ad adottare.
In molti casi, il fascino che esercita un’opera artistica tratta da avvenimenti reali, sta proprio nell’essere in grado di offrire uno spaccato di vita vera. Il pubblico, di norma, schiaccia il pulsante “play” e si prepara alla visione di un film che proprio un film a tutti gli effetti non è; piuttosto tende a interpretarlo come un documento storico, ne elimina, inconsapevolmente, l’operazione poetica.

Ma “L’isola delle rose” di Sibilia non è affatto una traduzione del reale e non si configura come un doppio cinematografico di quel “vero” 1968, l’anno dell’esplosivo sconvolgimento culturale in Europa, in cui l’ingegner Giorgio Rosa proclamava l’indipendenza dell’isola a largo di Rimini, progettata e costruita personalmente.
Il film è un oggetto estetico nuovo che dialoga con gli avvenimenti reali, esaltandone le differenze senza riprodurli meccanicamente, anzi, probabilmente trasformandoli, in nome di una volontà favolistica e liberatoria insieme.

Se appare superfluo riportare la trama dell’ultima fatica del regista Sibilia, è invece esaltante considerare il vigoroso sentimento anarchico che ogni elemento del film comunica senza vergogna, rafforzato dal rifiuto assoluto dell’ideologia.
È inoltre particolarmente innovativa la rappresentazione estetica del ’68 che fa da sfondo temporale e sociale, ben lontana dalle tantissime precedenti che privilegiavano le varie sfumature dei grigi e le tinte cupe per infondere un certo tipo di passione sofferente.

“L’isola delle rose” privilegia, all’opposto, tonalità pastello chiare e delicate, capaci di suscitare una spensieratezza che va a braccetto con l’utopia contagiosa del film, mai retorica e sempre squisitamente genuina.