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La Cancel culture nella letteratura (seconda parte)

Scritto da Vitaliano Corbi Il . Inserito in Cinema & TV

seconda parte

Il politicamente corretto e la cancel culture non stanno colpendo soltanto il cinema d’animazione e l’industria cinematografica di Hollywood, ma anche i college americani e i programmi scolastici.

È freschissima la notizia che Heather Levine, insegnante alla Lawrence High School di Lawrence, ha dichiarato: “Sono molto orgogliosa di dire che quest’anno abbiamo rimosso l’Odissea dal curriculum”. È, in particolare, il Wall Street Journal che si è impegnato a raccontare una delle più grottesche, recenti, follie della cancel culture statunitense. La missione, stavolta, è purgare i classici della letteratura attraverso una malsana lettura anti-storica, poiché questi sarebbero gravemente colpevoli di non rispettare il genere e l’etnia degli individui.

Secondo la nuova ideologia del politicamente corretto, Omero non è altro che il capostipite della mascolinità tossica, prototipo del maschio bianco etero occidentale.

Tuttavia, ridurre a questo i grandi pensatori del passato è un’operazione tragica e patetica, che ha portato a una serie di altre assurdità: gli studenti della Columbia hanno protestato affinché le Metamorfosi di Ovidio siano precedute da un bollino sulle scene di sesso, e ancora, il New York Times è giunto a chiedersi “Forse dovremmo censurare Aristotele?”.

Ma non è finita qui, perché tra le più recenti, schizofreniche, polemiche ideologiche, c’è quella che riguarda la giovane poetessa nera Amanda Gorman che ha aperto con la lettura della sua poesia “The Hill We Climb” l’Inauguration Day, ovvero il giorno in cui il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è insediato nella Casa Bianca.

La polemica viene sollevata proprio dall’agenzia della Gorman, che raccomanda fortemente che la poesia debba essere tradotta soltanto da altre giovani donne nere.

Di colpo vengono licenziati tutti i traduttori precedentemente assunti e in Europa il problema si è fatto più consistente, poiché, di fatto, non esiste una comunità nera con una cultura e una storia in grado di rappresentare realmente ed emotivamente la poesia di Amanda Gorman.

Ciò che appare davvero patologico nella volontà dell’agenzia della poetessa e, in realtà, nella questione tutta, è l’idea promulgata o, comunque, fortemente sottintesa.

L’idea per la quale una poesia scritta da un nero possa essere tradotta solo da un altro nero, così come la poesia di una donna possa essere tradotta solo da una donna, e così via. È come se ci fossimo dimenticati che, dopo grandi battaglie, la letteratura occidentale del Novecento sia riuscita a conquistare un grado di libertà impensabile prima. Siamo giunti alla sacrosanta possibilità che una donna traduca Oscar Wilde, o che un uomo traduca Emily Brontë; perché ciò che conta davvero sono le competenze tecniche e umanistiche utili alla traduzione, ottenute dopo la fatica dello studio.

L’unico, vero, principio nell’arte, non può non essere la libertà assoluta.

Per saperne di più:

La Cancel culture nel cinema (prima parte)