La legittima difesa (9). Il caso Fredy Pacini: dormire nel proprio magazzino per non morire
La legittima difesa (9). Il caso Fredy Pacini: dormire nel proprio magazzino per non morire
di Luca Orlando
C’è una storia che, più di tante altre, ha scosso l’Italia e riscritto — almeno nella percezione collettiva — il significato della parola “difesa”.
È la storia di Fredy Pacini, un gommista di Monte San Savino, in provincia di Arezzo.
Un uomo qualunque, titolare di una piccola attività, che non dormiva più a casa sua da mesi.
Scelse di passare le notti nel magazzino, accanto agli pneumatici, alle attrezzature e a un fucile legalmente detenuto.
Lo fece per paura.
Lo fece perché, dopo 38 tentativi di furto, non si sentiva più protetto.
E fu proprio lì, nel cuore della notte del 28 novembre 2018, che tutto accadde.
Due uomini forzano una finestra, entrano nel capannone.
Fredy sente rumori, si sveglia, impugna l’arma e spara.
Colpisce uno dei due intrusi, che muore poco dopo.
Il dibattito che ne segue è feroce.
C’è chi lo definisce un eroe, chi lo accusa di essersi fatto giustizia da solo.
Le trasmissioni si dividono, i social si incendiano, la politica cavalca il caso come simbolo di una giustizia che, secondo molti, non difende più i cittadini.
Questo caso giudiziario mette a nudo la fragilità del sistema.
Un uomo esasperato, lasciato da solo a presidiare la sua attività, costretto a vivere come in trincea, armato non di rabbia, ma di paura.
È legittima difesa?
È eccesso colposo?
È omicidio?
A rispondere è la Procura, ma il Paese intero sembra voler dire la sua.
Il punto, però, non è solo legale. È sociale.
Perché, se un cittadino deve dormire nel proprio luogo di lavoro, con un fucile a portata di mano, qualcosa si è rotto.
Se la sicurezza diventa un affare privato, una responsabilità individuale, se la paura vince sulla fiducia nelle istituzioni, allora il problema non è solo la legittima difesa.
Nel caso di Fredy, alla fine, il giudizio non lo ha condannato.
Il fascicolo è stato archiviato.
La sua reazione è stata considerata compatibile con lo stato di pericolo e con le condizioni emotive in cui si trovava.
Ma l’amarezza resta.
Perché la vera condanna, in questa storia, è vivere nel timore costante, nella tensione quotidiana, nel timore che nessuno venga ad aiutarti.
Fredy non è diventato un simbolo per scelta.
Lo è diventato perché il suo gesto ha costretto tutti a fare i conti con una domanda scomoda: che fare, quando la difesa sembra l’unico rifugio?
Il caso ha influenzato anche il dibattito politico, contribuendo alla successiva modifica dell’articolo 52 c.p.
Ma dietro le riforme e i talk show, resta una realtà fatta di piccoli imprenditori che dormono in capannoni e di famiglie che installano grate e telecamere per difendersi.




